“Un giorno d’estate come gli altri sembrava snodarsi lungo la giornata assolata del 2 agosto 1983. I miei suoceri erano arrivati da Bari così con mia moglie decidemmo di andare tutti insieme al mare in zona Ariana a Gaeta, dove io e mia moglie eravamo soliti andare. Ricordo che la giornata era particolarmente ventosa e che faticai non poco a stabilizzare l’ombrellone a causa del vento di libeccio che soffiava. Mentre ero in quel torpore che ti coglie quando sei al mare sdraiato sul lettino, al sole, con il vento che ti accarezza la pelle e
ti scompiglia i capelli e il rumore delle onde è in sottofondo, ecco che sento una donna gridare aiuto con tutta la forza che aveva in gola. Mi allertai immediatamente avendo capito che qualcosa di grave stava per succedere: a circa 50 metri dall’arenile infatti, c’era un gommone in difficoltà con sopra due bambine. Vidi un soccorritore che si apprestava ad aiutare una delle due bambine finite in acqua, agitata ovviamente dal forte vento. Fui allora che senza accorgermene mi ritrovai in acqua e con non poca difficoltà, mi avvicinai alla bambina quasi affogata. Riuscii a trasportarla sulla spiaggia e pensai che il mio compito fosse finito, quando invece sentii nuovamente la signora gridare perché il marito, intervenuto per salvare la bambina era in grosse difficoltà. Mi accorsi con rammarico che era già totalmente scomparso tra le onde. Mi rituffai senza pensarci, riuscii ad afferrare l’uomo e lo trascinai a riva, dove ho cominciato a praticargli la respirazione artificiale. l’ambulanza era già stata avvisata, perché mentre ero intento a far riprendere l’uomo arrivò dall’ospedale di Gaeta, accompagnata oltretutto da alcuni vigili o agenti. Raccogliemmo i nostri effetti personali ed io e la mia famiglia ritornammo a casa a Formia.
Il giorno seguente fui invitato a rientrare in caserma per riferire tutti i dettagli, data l’enorme diffusione che i mezzi di comunicazione avevano contribuito a creare.
Dopo circa 20 giorni fui invitati a presentarmi al Campidoglio in divisa per ricevere dal Capo di Stato e tutte le massime autorità civili e militari il riconoscimento per “Ordine pubblico, con medaglia Libertà e Sicurezza”. A premiarmi fu il Ministro di Grazia e Giustizia, l’onorevole Martinazzoli. Più tardi mi arrivò la nomina dal Presidente della Repubblica a “Cavaliere della Repubblica”.
Questa è la storia di un atto eroico di un uomo ordinario, Salvatore Spignesi, un maresciallo della Guardia di Finanza che mise a repentaglio la sua vita per quella di due civili.
Ormai in pensione, ricorda con un misto di paura e soddisfazione quel giorno, che lui stesso ammette di essersela cavata bene nonostante la forte corrente, grazie alla sue capacità di nuotatore. Nel 1958 infatti, vinse a Milano il titolo di campione italiano a squadre nel salvamento a nuoto, avendo fatto un ottimo tempo nei 100 metri stile libero.