Circa venti anni fa in alcuni congressi di chirurgia oncologica iniziarono degli studi ciclici per valutare l’importanza del cosiddetto fattore R0, a cui partecipavano chirurghi da tutto il mondo e provenienti da vari centri e in cui si valutava la sopravvivenza dei pazienti sottoposti a interventi R0. In cosa consiste il Fattore R0 lo spiega il dottor Giovanni Baiano, ex primario di chirurgia generale all’ospedale Dono Svizzero di Formia.
Cos’è il Fattore R0?
La chirurgia oncologica, è considerata chirurgia maggiore per la sua complessità, e ha come principale obiettivo l’asportazione del tumore in modo radicale.
Da ciò ne deriva il concetto di R0, che significa nessun residuo macroscopico di neoplasia dopo l’intervento chirurgico. Che R0 sia determinante ai fini della guarigione o di una migliore sopravvivenza sono ormai evidenze scientifiche acclarate in tantissimi studi scientifici. Ovviamente, soprattutto nei tumori con stadiazioni avanzate sin dal momento della loro diagnosi, quando è difficile ottenere al termine dell’intervento un R0, si procede a trattamenti neoadiuvanti, cioè preoperatori, sia chemioterapici che radioterapici (tumori del retto basso ad esempio) al fine della riduzione della massa tumorale. Cosi facendo è sicuramente più facile, successivamente, per il chirurgo la completa asportazione senza lasciare residui. In tal senso si comprende quanto siano importanti le campagne di screening in atto per i tumori dell’utero, della mammella e del colon, per la diagnosi precoce dei tumori che così operati quando ancora piccoli e non metastatici, rappresentano la stragrande maggioranza dei casi dove si conclude l’intervento con un rassicurante R0.
Non sarebbe meglio operare i tumori quando sono piccoli?
Più il tumore è piccolo e meno probabilità ci sono di estensione ai linfonodi o di presenza di metastasi. Ma per operare un tumore piccolo bisogna che tutti i cittadini seguano attentamente quelle che sono le campagne di screening. Lo screening ovviamente, non è che serve a non farti venire il tumore, ma serve a fare la diagnosi precoce e proclitica del tumore e diagnosticarlo in una fase iniziale. Come potrebbe essere, per fare un esempio pratico, il caso di un polipo, si rimuove e ho evitato al lungo andare un intervento demolitivo. La mission, se così vogliamo definirla è ottenere l’R0 per i tumori ormai estesi, perché se non si possono utilizzare le tecniche neoadiuvanti che dicevo prima, nel momento in cui si va ad operare si usa una sorta di compasso immaginario: la punta del compasso al centro del tumore, e facendo un cerchio togliere tutto quello che ne comprende.
Si è mai trovato di fronte un tumore, per così dire, raro durante la sua carriera?
Nella mia lunga carriera mi è capitato di operare un tumore della milza piuttosto raro: un leiomiosarcoma. Ho operato il secondo caso in tutto il mondo. La conferma che fosse un leiomiosarcoma è giunta da uno studio dei vetrini fatto in America. Questo mio caso, di cui feci una pubblicazione su una famosa rivista americana “Medical Journal of Oncology Surgery”, mi soffermai molto sull’esito del primo intervento al leiomiosarcoma fatto in Inghilterra in cui tolsero solo la milza. Il paziente ebbe una sopravvivenza di appena sei mesi, nel mio caso, pur non sapendo inizialmente cosa fosse, mi accorsi che il tumore della milza si era esteso a parte del diaframma e del surrene, quindi adottai la “tecnica del compasso”: gli tolsi la milza, un pezzo di diaframma e un pezzo di surrene. Il risultato? il mio paziente è sopravvissuto più di cinque anni, a fronte dei sei mesi del primo caso inglese.
Qual è il messaggio che vorrebbe trasmettere alle persone?
Ciò che è importante che vorrei che le persone capissero è l’importanza in termini di sopravvivenza del fattore R0. Ovviamente sta anche alla bravura del chirurgo a cui ci si affida. Personalmente ho girato parecchi ospedali: dalla Francia a Roma come assistente di Tersigni al San Camillo, ho partecipato a gruppi di studio europei molto importanti fino ad approdare alla bellezza di 66 anni alla Casa del Sole di Formia. Per stare al passo con le nuove tecniche un buon chirurgo non può stare fermo.