Sportivo per professione, dottore in ingegneria gestionale, marito e padre. Il libero del Modena Volley, Salvatore Rossini riesce ad essere tutto questo contemporaneamente. Dal Mondiale con l’Italia alla Supercoppa vinta con Modena lo scorso ottobre, le soddisfazioni del “Ministro della difesa” formiano sono state tante. Un percorso fatto di sacrifici e tanto lavoro in palestra, senza mai rinunciare allo studio e alla famiglia.
Qual è stato il “cursus honorum” che hai dovuto fare per arrivare a disputare un mondiale?
Ho cominciato per caso, inizialmente giocavo a calcio. Successivamente ho capito che la pallavolo sarebbe stata la mia strada. Così ho cominciato a fare sul serio. Inizialmente giocavo con la Sud Pontino allenata da Peppino Costigliola. A 17 anni mi sono trasferito a Latina dopo essere stato convocato lì insieme ad altri ragazzi che arrivavano da tutto il sud Italia. Da lì ho cominciato a girare per tutta Italia fino ad arrivare alla A2 a Città di Castello, in Umbria. Mi ricordo ancora quel giorno: era maggio, disputavo un torneo di beach volley a Formia. Alla fine della partita ho trovato sul cellulare la chiamata persa da parte di un numero sconosciuto ed era proprio il dirigente di Castello. Dopo un anno lì, mi sono spostato a Monza per due anni e questo è il mio quinto anno a Modena. Da qui non penso mi sposterò, è come giocare nella Juventus. La società con più storia della pallavolo e dove probabilmente il calcio conta meno della pallavolo.
Quando pensi al tuo futuro come lo immagini?
Solitamente la carriera sportiva finisce tra i 36 e i 37 anni, in un momento in cui siamo troppo vecchi per entrare nel mondo del lavoro come gli altri, che generalmente si inizia 10 anni prima, e siamo troppo giovani per andare in pensione. Quindi ci troviamo in un limbo in cui tocca stare svegli altrimenti tutto ciò che hai guadagnato finisce in qualche investimento sbagliato o altro. Personalmente, se dovessi fare un pronostico, vorrei mettermi in gioco anche con una prospettiva di futuro diversa dalla pallavolo. Sicuramente vorrei lavorare. Mi sono iscritto all’università perché non voglio precludermi nulla. Il tempo che ho a disposizione riesco ad investirlo nello studio: la mattina mi alleno e il pomeriggio vado in facoltà a seguire le lezioni. È anche un modo per distrarmi da quello che faccio.
Sappiamo che in Italia purtroppo c’è ancora una forma mentis rigida riguardo lo sport. Spesso i ragazzi sono costretti a lasciare lo sport, il cosiddetto ‘drop out’. Molto spesso i professori risultano poco indulgenti. Tu hai mai avuto questi problemi?
Per spiegare la situazione, è necessario che io racconti un paio di episodi che mi sono successi. Dopo aver fatto 27 esami in quattro anni, me ne restavano tre per laurearmi. Sono stato altri quattro anni senza poter fare esami perché nel momento in cui spiegavo loro che non potevo presentarmi nella data prestabilita per impegni sportivi, non mi venivano incontro in nessun modo. Nel periodo in cui giocavo a Catania, sono andato fino a Napoli per fare un esame, ho chiesto al professore di poter fare l’orale il pomeriggio, dato che sarei salito con l’aereo, e mi chiese di tornare tra due settimane. La situazione che ho trovato nell’ateneo modenese è totalmente diversa. A Modena sono abituati, hanno più contatto in generale con gli sportivi, non solo per la volley ma anche per il basket per esempio. Reggio Emilia ha la squadra di basket in serie A.
E a tal proposito sei anche dottore: “Analisi dell’efficienza biomeccanica di uno sportivo”?
La mia tesi è sperimentale. Io e il mio relatore ci siamo letteralmente inventati qualcosa che potesse combinare tesi e allenamenti. Ho fatto tre prove su me stesso con tre diversi apparecchi per raccogliere dati sugli sforzi in termini di potenza, peso, resa muscolare ecc. Per un mese e mezzo ho raccolto tutti questi dati e da lì abbiamo tratto delle conclusioni, senza mai abbandonare il campo.
Esistono ancora secondo te sport minori?
Esistono perché, per esempio, il calcio è visto come uno sport professionistico e la volley no. E non vedo perché. Noi ci alleniamo lo stesso numero di ore, se non di più. Ovviamente non è una presa di posizione contro il calcio. Semplicemente è un sistema, un modo di ragionare soprattutto in Italia, sbagliato. Da ciò poi partono una serie di strutture societarie anche a livello di marketing.
E a Formia?
Secondo me non ci sono sport di serie A a Formia, purtroppo. Non abbiamo le strutture. Il CONI è gestito dalla sede di Roma. Faccio un esempio di un episodio che mi è capitato personalmente. Per preparare le olimpiadi di Rio, il nostro commissario tecnico Blengini aveva chiesto di stare a Formia perché le condizioni climatiche erano simili a quelle che avremmo trovato lì. Ma non è stato possibile perché non c’era un palazzetto per allenarsi. L’unico era a Minturno, ma che purtroppo era fatiscente e non andava bene. Latina, la nostra provincia che è in serie A, gioca a Caserta mentre aspettano che completino il palazzetto a Cisterna. Ciò vuol dire che in tutta la provincia non c’è un palazzetto che possa ospitare una serie A di pallavolo.
Durante la campagna elettorale di giugno, per l’elezione del neo sindaco di Formia, quasi tutte le liste hanno puntato a valorizzare lo sport. Dal tuo punto di vista quali sono le misure che una città che si considera pioniera dello sport dovrebbe prendere?
Io penso che un palazzetto polivalente sia necessario. Ma non di 500 posti. La cosa indispensabile per promuovere lo sport, è che ci siano le strutture per fare sport. Dare la possibilità alle società di poterlo praticare, piuttosto che fare sport su campi di cemento. Per non palare delle palestre delle scuole. Come fa un ragazzo a innamorarsi dello sport se le palestre della sua scola sono malmesse? Parte tutto da lì. Per questo ho deciso di fare un’asta di beneficienza: dopo la dimostrazione d’affetto per questo mondiale ho deciso di mettere all’asta le maglie della nazionale e con il ricavato regalare i palloni e altre attrezzature sportive alle scuole medie di Formia.
Prossimo evento in cui ti vedremo giocare?
Si tornerà a giocare una volta a settimana, dopo novembre inizierà la champions league e saremo tutti un po’ più rilassati rispetto alla frenesia di un mondiale.
di Francesca Iannello