Sul quotidiano Libero il 26 agosto 2021 è stato pubblicato un servizio estremamente interessante a firma dello storico e giornalista Andrea Cionci che è doveroso riportare quale omaggio postumo a tutte le donne che sono state innocenti prede di guerra.
Scrive il ricercatore: “Non solo “marocchinate”: documenti appena ritrovati presso l’Archivio dell’Ufficio Storico dell’Esercito – che abbiamo pubblicato in esclusiva pochi giorni fa su Libero (cartaceo) – dimostrano che, durante la Seconda Guerra mondiale, stupri, saccheggi, rapine, omicidi furono compiuti a danno di civili italiani oltre che dalle famigerate truppe coloniali francesi del Cef (Corp expeditionnaire français) al comando di de Gaulle, anche dai 3000 soldati greci che operarono in Emilia Romagna e transitarono in Umbria, Molise, Campania e Puglia.
La 3ª Brigata da montagna greca era stata aggregata, dall’agosto ’44, alla 2ª Divisione neozelandese del generale Freyberg, all’interno dell’8ª Armata inglese. I greci parteciparono all’offensiva sulla Linea Gotica e rimasero in Italia per cinque mesi.
I fatti sono documentati da un carteggio fra il Maresciallo d’Italia Giovanni Messe, Capo di Stato Maggiore Generale del Regno del Sud e il suo Segretario Generale degli Affari Esteri, Renato Prunas, insieme a centinaia di denunce ai Reali Carabinieri. Tuttavia, i reati, come avvenne per le marocchinate (circa 60.000 crimini compiuti da 110.000 militari marocchini, senegalesi, francesi bianchi e algerini) furono molti di più rispetto a quelli denunciati – riferivano gli stessi Reali Carabinieri – dato che molti nostri civili non denunciavano le violenze carnali subite per paura o senso di vergogna.
A trovare i documenti è stato un collaboratore dello studioso Massimo Lucioli, il primo ad aver scritto, insieme a Davide Sabatini, un libro sulle marocchinate, “La Ciociara e le altre” (1998).
Più recentemente, Lucioli ha dimostrato con prove inoppugnabili (testimonianze di ufficiali francesi e fotografie) come il generale de Gaulle si trovasse, proprio in quei giorni, sull’altipiano di Polleca, che fu teatro delle più atroci violenze, e non poteva non sapere.
Ecco, dunque, cosa scrive il 25 settembre ‘44 il Segretario Prunas a Messe: “Caro Maresciallo mi sono state riferite in questi ultimi giorni notizie tutt’altro che favorevoli circa il comportamento delle unità greche in azione le quali rivaleggerebbero con le recenti, dolorose gesta dei marocchini in fatto di rapine, stupri, saccheggi etc”.
Risponde Messe il 2 ottobre: “Già qualche notizia mi era provenuta a riguardo, ma per il vero non molto precisa e la documentazione che finora ho potuto raccogliere a riguardo è ancora scarsa […] Tale problema forma oggetto della mia più vigile attenzione”. Così Messe il 4 ottobre scrive al Ministero dell’Interno facendosi inviare le denunce delle violenze, non solo per intervenire, ma anche perché “tale documentazione costituirà una inoppugnabile controprova da opporre ai tentativi di incriminare le nostre Forze Armate durante la guerra contro le Nazioni Unite”.
Leggiamo, così, le tristi e dimenticate storie di Anita B. di Bellaria, che fu violentata in casa dei suoceri riportando lesioni al viso e al collo; di Nella P. che fu derubata di tutto, anello nuziale, biancheria, bovini e poi stuprata; di Cisborto Vittori che, a Riccione, fu mitragliato gratuitamente all’addome.
A Gemmano, militari greci spacciatisi per “carabinieri” rapinano Guglielmo G. e ne violentano la moglie; nello stesso paese stuprano la moglie di Ugo B. davanti ai suoi occhi, minacciandolo con una pistola; Ida T. subisce la stessa sorte da cinque greci; a Campomarino (CB) 1200 militari greci si accaniscono a fucilate contro i cittadini ferendo due civili, rapinando le case e tentando di assaltare la caserma dei CC; a Spoleto, loc. Agro, tentano di violentare quattro contadine; a Carbonara di Bari, in un negozio, accoltellano la moglie del proprietario; a La Barra (NA) militari greci aggrediscono senza alcun motivo , a colpi di bombe a mano, una casa, uccidono a pugnalate Lucia Cozzolini, ferendo cinque persone, e così via.
Un altro documento fondamentale spiega come il Ministero della Guerra italiano avesse inviato ben due lettere al Comando Alleato, il 27 ottobre e il 14 novembre ‘44. Il 10 dicembre, il colonnello Noakes dell’Alto Comando alleato risponde agli italiani scrivendo: “La questione è stata riferita al Comandante in Capo delle Forze Alleate in Italia (il generale inglese Alexander, che poco dopo sarà sostituito dall’americano Clark) il quale ha rilevato che, sebbene gli incidenti siano prospettati come fatti, in nessun caso si è data prova testimoniale che le azioni pretese siano state fatte da truppe alleate.
Se il Governo italiano fornirà nomi di testimoni e di tutti gli altri particolari a sua disposizione, il Comandante in capo sarà pronto a disporre un’indagine approfondita”.
Quindi, non è mai stata disposta un’indagine in tal senso ed ecco perché quei crimini sono rimasti dimenticati.
“È stato storicamente interessante – commenta Massimo Lucioli – da parte delle commissioni parlamentari l’aver aperto il cosiddetto «Armadio della vergogna» (contenente circa 700 dossier sui crimini di guerra nazifascisti compiuti in Italia durante la Seconda guerra mondiale) ma ora si rende necessario andare a cercare nei nostri archivi come quello di Stato, quello dell’ufficio storico dell’Esercito e altri, dove sono sepolti migliaia di crimini commessi dalle forze angloamericane ancora tutti da studiare e da portare alla luce: le prove sono incontrovertibili, come nel caso dei greci, visto che la documentazione proviene dal Regno del Sud e non può essere certamente considerata «propaganda fascista»”.
Ora, il prossimo studio di Lucioli, che ha appena pubblicato “1945 Germania anno zero” sui crimini alleati a danno di civili e prigionieri tedeschi, si occuperà di indagare quelli analoghi commessi in Italia dallo Sbarco in Sicilia, nel ’43, fino al termine delle operazioni militari nel 1945”.