Nell’Antiquarium dell’Area Archeologica di Minturnae vi sono ventinove cippi dell’età repubblicana romana. Numisia, Morasia, Epidia, Sulpicia, Pullia, Erennia, Antia, Savonia, Sosima e tra queste Italia. Sono nomi di donne schiave con a fianco il nome della famiglia alla quale appartengono elencate nello stesso cippo. Donne giovani, belle e meritevoli di essere nominate? Oppure è chi scrive che le enfatizza? Tra di loro vi è un nome che colpisce e affascina: Italia. Esiste nome più dolce e bello da pronunciare e da scrivere? A fianco del suo nome l’indicazione di P. Visellius, Gens Visellia, il suo padrone. La gens Visellia era una gens romana presente durante la tarda Repubblica e nel primo Impero. Due membri di questa gens raggiunsero il consolato nel corso del primo secolo d. C.
I praenomina utilizzati dai Visellii furono Gaius e Lucius. I cognomina associati ai Visellii furono Varro e Aculeo. Il primo era un cognomen ereditario della famiglia, mentre il secondo sembra essere stato un cognomen personale: era probabilmente un derivato dell’aggettivo aculeus, che significa affilato, appuntito, pungente, spinoso, e potrebbe essere un riferimento all’acutezza della mente del suo portatore. Il cippo che attualmente passa inosservato e neppure evidenziato ai visitatori fu trovato dall’archeologo Jotham Johnson, autorizzato dal grande sopraintendente l’archeologo Amedeo Maiuri. Lo stesso Johnson ne parla in un volume da lui curato nel 1933 “Scavi a Minturnae”, volume II iscrizioni magistri repubblicani, pubblicato dall’Università di Pennsylvania, presente nella città di Filadelfia, in lingua inglese e tradotto in italiano, tra gli altri, nel 1985 dall’Archeoclub Minturnae.
Il cippo risalente alla prima metà del I secolo a.C. è dunque di poco posteriore alla coniazione del denario emesso probabilmente dalla zecca di Corfinium, antica città peligna, attualmente in provincia dell’Aquila, nel 90 – 89 a.C. durante la guerra sociale dei rivoltosi riuniti nella Confederazione Italia contro il dominio di Roma. Il denario e il cippo di Minturnae rappresentano le prime documentazioni epigrafiche del nome Italia. Corfiniium era una città dei Peligni, comunque i Sanniti costituivano la punta di diamante della confederazione del 91 a.C., denominata appunto Italia.
Come ha evidenziato lo storico Edward Toyo Salmon (Londra, 1905 – 1988) fu quella la prima volta nella Storia che il termine Italia fu usato con un significato politico. Nella sua opera alle pagine 358 – 359 elenca i componenti della confederazione che oltre ai Sanniti e ai Peligni sono i Marsi, i Vestini, i Marrucini, gli Asculani, i Frentani, i Pompeiani detti anche Nolani, i Venusini, gli Apygi, i Piceni, i Lucani, gli Irpini. Secondo le fonti classiche questi popoli sarebbero nati in seguito a ripetute migrazioni, secondo il modello del cosiddetto ver sacrum. Questa suddivisione, tuttavia, si basa prevalentemente su di una prospettiva esterna al mondo sannitico a cura degli scrittori greci e romani e, dunque, risulta superficiale e approssimativa, adattandosi alle suddivisioni geografiche.
L’unica distinzione fondata è quella fra tre ceppi principali: uno settentrionale, uno centrale ed uno meridionale. I rivoltosi furono sconfitti, prima alcuni di loro con la promessa di ottenere la cittadinanza romana, poi i più irriducibili ma in definitiva ottennero tutti lo stesso riconoscimento, oltre alla clemenza di Roma. Ma in quella moneta ora custodita nel Museo Civico di Corfinio vi il seme della nostra comune radice e nel nome di quella schiava vi è l’anelito di dignità di un popolo destinato ad essere assorbito integralmente ma che porterà con se il nome che un giorno unirà tutti coloro che vivono nella penisola italiana. La Sezione del Golfo di Gaeta di Italia Nostra Onlus e l’Associazione Italiana di Cultura Classica affiliata all’Unesco presentano congiuntamente con l’occasione una proposta al Comune di Minturno: collocare a Minturno Capoluogo – eventualmente nella Villa Comunale al ridosso della parete del Castello Ducale Caracciolo Carafa una lapide di marmo, in analogia con quella collocata dal Comune abruzzese di Corfinio, con possibile gemellaggio e convegno culturale, che ricorda che custodiamo sul nostro territorio la prima scritta del nome Italia.