La storia vera storia delle Olive di Gaeta. Lo storico, giornalista e opinionista Giordano Bruno Guerri nel suo libro โIl sangue del Sud โ antistoria del Risorgimento e3 del Brigantaggioโ, edito nel 2010 da Mondadori, a pagina 66, parlando dellโassedio subito dalla cittร e dal territorio di Gaeta con novanta giorni di spietato bombardamento, dal 13 novembre 1860 al 13 febbraio 1861, giorno della capitolazione, scrive testualmente: โLa cittร non si risollevรฒ piรน, perchรฉ i danni peggiori vennero dopo i bombardamenti. Per scaldarsi dal freddo, i piemontesi avevano abbattuto centomila olivi e carrubi, patrimonio della zona. Poi, visto che non cโerano piรน olivi, smontarono i frantoi per portarli al nord. Il commercio marittimo venne annichilito: dalle paranze dei pescatori, ai bastimenti, ai cantieri navali. Gran parte della popolazione fu costretta a emigrare e oggi, sostiene il sindaco, ci sono piรน gaetani in Massachusetts che a Gaetaโ.
I piemontesi, in tre mesi di assedio, avevano distrutto centomila piante di olivo e carrube. Noi dobbiamo imparare a non guardare il passato con gli occhi di oggi, la Gaeta del 2018 non รจ quella che nellโautunno 1860 fu cinta dโassedio dallโesercito di Vittorio Emanuele II re di Sardegna. Noi continuiamo a dire โle Olive Itrane dette di Gaeta perchรฉ dal porto gaetano venivano trasportate in tutto il mondoโ e diciamo solo una piccola veritร , tanto piccola da apparire, in fondo, una grande corbelleria. Il territorio di Gaeta รจ stato caratterizzato per secoli dalla presenza di vaste estensioni di uliveti, da tantissimi frantoi in esercizio, da un consumo alimentare elevato di olio, da un commercio di olive e olio verso terre anche lontane.
E tutto questo รจ dichiarato non da โpartigianiโ della supremazia gaetana, ma dai documenti che sono pervenuti sino a noi. Chi scrive incontra presso il Bar La Villetta a Gaeta il titolare Luciano Ciaramella, un simpatico autodidatta, degno della massima stima e considerazione. Ci sediamo a un tavolino allโaperto, รจ una bella giornata invernale e giunse sino a noi una piacevole brezza marina, ai nostri lati alcuni spettatori estremamente interessati che assentono alle dichiarazioni che vengono annotate sulla carta. Sul tavolino si ammassano un poco alla volta una decina di volumi di ogni grandezza ed epoca. Sono i documenti con i quali viene illustrato al sottoscritto che non รจ una leggenda o unโusurpazione di denominazione il termine โOlive di Gaetaโ ma il risultato di una produzione costante nel tempo.
Lโindimenticabile Mons. Paolo Capobianco nellโagosto 1994 pubblica โGaeta con le sue olive nei tempiโ, una minuziosa ricerca sul legame indissolubile tra la coltivazione degli uliveti e la comunitร gaetana. In un voluminoso libro di 522 pagine nel 2010 Antonio Cesarale, Pasquale Di Ciaccio e Carlo Magliozzi grazie alla Provincia di Latina al Consiglio regionale del Lazio pubblicano il โCatasto Onciario di Gaetaโ, sottotitolo: la vita della cittร e circondario alla metร del XVIII secolo. E ancora Cesarale e Magliozzi lโanno precedente avevano pubblicato per Edizioni del Comune di Gaeta โLโAmministrazione Civica di Gaeta del suo Territorio e Distretto negli anni 1538 โ 1553โ attraverso la lettura delle deliberazioni del Consiglio della sua Universitร . E si rimane affascinati nel riscontrare โ dati alla mano โ quanto fossero state vaste le coltivazioni di ulivi sul territorio comunale.
Distese a perdita dโocchio dove ora esistono quartieri cittadini, il sistema viario, terreni abbandonati o convertiti ai consumi familiari. Nicola Magliocca nel suo โUsi e costumi del popolo gaetanoโ scrive: โUn tempo la coltura dellโolivo era essenziale per lโeconomia del paese. Ad essa si dava grande importanza, divideva il primato con la vite, il carrubo e gli ortaggi. Dโaltro canto la natura stessa del terreno prevalentemente collinoso e il clima temperato favorivano il suo sviluppo. La produzione era abbondante, soddisfaceva il consumo locale e inoltre si esportava sotto forma di olio e di olive in salamoia.
I documenti del Codice Diplomatico Gaetano spesso trattavano di vigneti e di oliveti, le colture piรน diffuse nel nostro territorio. La protezione e la salvaguardia delle piante di olivo erano talmente considerate di pubblico interesse che appositi articoli degli Statuti della Universitร di Gaeta erano chiamati a garantirle. I nemici principali erano il fuoco e le capreโ. Era proibito alle capre di poter entrare, stare o passare per il territorio di Gaeta da antichissimi tempi, per cui, oltre alle ammende, ogni cittadino di Gaeta poteva impunemente ammazzarle dovunque le trovasse per difendere la cittร ed il suo territorio, i suoi uliveti, quindi โpro bene pubblicoโ. E gli Statuti erano rigorosi anche quando affermavano che senza lโautorizzazione del Balio nessuno poteva togliere dai suoi fondi un solo ulivo. E neppure cavare i ceppi degli olivi stessi, tale competenza era affidata soltanto al Consiglio della Cittร con lโobbligo per il proprietario di piantare in breve tempo nuove piante di ulivo.
Quando pensiamo a Gaeta dobbiamo immaginarla in tutto il suo splendore, una cittร cara ai sovrani napoletani, ricca di caserme, di monasteri e conventi, di numerose Chiese e popolata da abitanti laboriosi e viaggiatori in transito. Tutti i militari che alloggiavano nella cittร โ fortezza e i sacerdoti, i frati, le suore, gli abitanti e i viaggiatori consumavano moltissime derrate alimentari e tra queste in grande quantitร lโolivo che prima, ancor piรน di oggi, era alla base dellโalimentazione tradizionale. Ad esempio quando si mangiava la tiella lโolio doveva colare sino ai gomiti del consumatore.
Ebbene lโOlio e le Olive di Gaeta trovavano giร nel consumo interno la loro prima destinazione e solo dopo iniziavano le esportazioni.ย Itri, con il suo territorio limitato e il disagevole sistema viario di allora, quanto lโolio poteva far pervenire al porto marittimo gaetano? E d’altronde era solo una delle fonti di rifornimento in quanto intorno a Gaeta vi erano tutte le altre localitร produttrici, da Maranola a Traetto, da Fondi a Lenola, solo per fare qualche esempio. Gaeta ha il diritto storico di fregiarsi, tra i tanti, del titolo di โOlive di Gaetaโ; ad altri il loro legittimo riconoscimento ma quando ragioniamo storicamente dobbiamo avere la capacitร di guardare in alto e lontano e vedere dinanzi a noi un altro panorama, molte volte perduto per sempre. Eppure quegli ulivi piantati attualmente dal Comune nei giardini pubblici che si ammirano entrando in cittร sono il piรน nobile monumento a una storia giร narrata da Virgilio oltre duemila anni or sono.