Intervista esclusiva a Salvatore Cardillo, storico attento e bibliotecario certosino, su un tema che da tempo si dava per assodato. Come è noto, non vi è saggio storico, dépliant turistico o articolo di giornale che tratti della presenza del popolo aurunco sui lidi minturnesi, che non citi la Pentapoli Aurunca, la supposta confederazione delle cinque città ausoni nella guerra contro Roma, a fianco dei Sanniti durante il IV secolo a. C. Ma è proprio così? Le fonti storiche ci tramandano davvero la notizia di una Pentapoli Aurunca?
Salvatore Cardillo che non si sottrae mai al confronto esordisce precisando: “Le origini del popolo Aurunco, o Ausone, si perdono nei tempi e le fonti documentali sono praticamente inesistenti, mentre quelle materiali, assolutamente scarse.
La storia ancestrale di questa popolazione viaggia sempre ai limiti della leggenda e del mito ed è
addirittura annosa la questione se gli Ausoni e gli Aurunci fossero la stessa etnia.
Su di essa, esistono discussioni e pareri discordanti. In maniera stringata e concisa, tra gli autori antichi si possono ricordare Varrone, che vede negli Aurunci e negli Ausoni due popolazioni contigue ma diverse o Servio, con la sua famosa affermazione Isti (Aurunci) graece Ausones nominantur.
Un dato acquisito dalla storiografia moderna è che gli Aurunci, genti di chiara vocazione rurale, vivevano in pagi, più che in castra o urbes, costituiti da piccole abitazioni che si aprivano su uno spazio comune.
Artificioso è anche il tentativo di indicare una presunta “capitale”, cardine di queste popolazioni.
Arriviamo – però – al nocciolo della questione: la tanto citata, usata ed abusata “Pentapoli Aurunca”.
Tito Livio, lo storico che più di altri tratta delle guerre sannitico – romane, nomina solo tre città: “… Ausona et Minturnae et Vescia urbes erant…”, concludendo il racconto con la strage senza misura che colpì le genti aurunche. Un vero e proprio genocidio.
Plinio, nella Naturalis Historia, fa una puntuale disamina delle città presenti sulla costa sud-pontina e parlando di Formia, della scomparsa Pirae e di Minturnae, non fa alcun cenno ad una pentapoli aurunco-ausone.
Neanche altri scrittori latini – o greci – menzionano mai la supposta pentapoli. Infatti, nel notevole lavoro filologico sui testi classici di Ugo Zannini, in cui si esaminano testimonianze che vanno dal VI/V sec. a. C. sino al VI sec. d. C., nel verificare come ‘Ausones’ sia lemma tramandato principalmente dalle fonti greche e Aurunci da quelle latine, si nota come nessuna, ma proprio nessuna, fonte accenni a una pretesa pentapoli o qualsivoglia confederazione ausone.
Scorrendo i documenti, nei vari secoli, notiamo che nessun umanista o studioso che si sia occupato dei nostri luoghi, accenni mai ad una pentapoli.
Girolamo Perrotta – nel 1737 – non allude ad alcuna pentapoli, né lo fa Tommaso De Masi Del Pezzo nel 1761. Non ne accennano poi il Pratilli, il Gesualdo, il Romanelli, il Cayro, il Corcia, né autori di nascita e dimora minturnese quali il Ciuffi o il pur fantasioso Riccardelli”.
Ma quando allora viene per la prima volta citata la Pentapoli Aurunca?
Risponde prontamente Salvatore Cardillo: “Arriviamo al 1925: esce il saggio di Giuseppe Tommasino, dal titolo “La dominazione degli Ausoni in Campania. Suessa Aurunca ed i suoi avanzi archeologici”, un testo – ancora oggi – ritenuto essenziale da molti nelle bibliografie sugli studi aurunci. Ed è proprio nel volume citato che rileviamo il primo accenno ad una presunta pentapoli.
Infatti il Tommasino, a pag. V, nell’encomiastica dedica al Senatore del Regno e Ministro della Pubblica Istruzione Pietro Fedele, scrive testualmente:
“A. S. Ecc. PIETRO FEDELE, che della SCHIATTA AURUNCA incarna l’integrità dello spirito e il rigor di coscienza e la SCUOLA vivifica e feconda con sorriso di amore e di fede, QUESTE PAGINE che dell’AURUNCA VETUSTA PENTAPOLI il fatale cammino ritessono con l’anima che non oblia offro”.
Nel volume, il Tommasino non userà mai in seguito il lemma pentapoli, preferendo accennare molte volte ad una non accertata confederazione aurunca.
Si tornerà a parlare esplicitamente di una pentapoli aurunca dieci anni dopo nel 1935: il poeta Domenico Tambolleo, nelle sue “Odi Minturnesi”, in SVB VMBRA, riporta il seguente commento: “…Minturno è l’antica città della pentapoli aurunca, con Ausona, Vescia, Suessa, Sinuessa, sec. V o VI a. C. sul Liri…”.
A Tambolleo, trascorsi tre anni, segue, poco dopo, nel 1938, Angelo Josìa, il quale – nella rivista “Latina Gens” – in un’ode dal titolo stringato di Minturno, scrive: “… Poscia della pentapoli aurunca, o tu regina, cui corteggio fanno Suessa, Ausonia, Vescia e Sinuessa, sublime ti levasti oltre la meta che il destino ti impose contro Roma…”, vagheggiando un ruolo primario e privilegiato della Minturno aurunca nelle guerre sannitico – ausoniche contro Roma.
In “Aurunci patres”, saggio pubblicato nel 1942, all’interno della “Collana Minturnese”, che aveva già ospitato il contributo di don Domenico Tambolleo, Giuseppe Tommasino ritorna sul concetto di pentapoli.
Sarà dunque proprio il Tommasino, scrivendo: “…Alludo cioè alla invitta pentapoli di Ausona (Aurunca), Suessa, Minturnae, Vescia e Sinuessa, città legate da intenti ed interessi comuni di vita e strette entro un perimetro politico – militare…”, che sdoganerà definitivamente il termine in ambito storico – saggistico e lo fisserà come “dato acquisito”, comunemente riconosciuto, a livello locale e non solo.
Probabilmente il Tommasino, che nel volume del 1942 userà più volte il lemma anche in pagine successive, aveva in mente, quale esempio, le discusse dodecapoli etrusche, le leghe tra città-stato di carattere economico, religioso e militare, compresa la ipotizzata dodecapoli campana o – forse – la medievale pentapoli bizantina, baluardo estremo dell’Italia centrale, lungo la via Flaminia, durante le guerre contro l’invasione longobarda”.
E quindi?
“La creazione della pentapoli aurunca – spiega Salvatore Cardillo – a livello “storico” è avvenuta.
La presunta “santa alleanza” ausone, contro i pericoli esterni, assurgerà oramai quale dato acquisito, venendo citata spesso e più volte nei saggi e negli scritti successivi.
Invece, la pentapoli aurunca – presumibilmente – non è mai esistita.
Non si hanno prove acclarate della alleanza degli insediamenti ausoni in funzione anti-romana.
Rimane solo una vaga ipotesi, una suggestione storica e poetico-letteraria”.
In effetti – vale la pena ribadire – che soltanto nel 1925 (Tommasino) suffragato da Tambolleo (1935), Josìa (1938), nuovamente Tommasino (1942) hanno quindi parlato della Pentapoli Aurunca.
In particolare Angelo Josìa, nato nel 1905, fu professore, poeta e saggista; autore di un volume sul diario di combattente della grande guerra di Benito Mussolini dal titolo “Mussolini nel suo diario di combattente”, edito nel 1942.
Possono scrivere la storia ben venticinque secoli dopo e senza alcun supporto documentale, archivistico o archeologico?
Tranne l’aspetto aulico o poetico, quindi, è bene archiviare la “Pentapoli Aurunca”, che appartiene alla fantasia della generazione dei nostri padri e/o nonni, non certamente dei nostri avi.