È quanto scritto nello Statuto di questo borgo allora autonomo , oggi aggregato dal 1928 alla Città di Formia.
Lo riferisce Angelo De Santis nel ” Nuovo Giornale Botanico Italiano ” del 1952, anche se una copia autentica dello Statuto non è stata , finora, ritrovata.
Ciò fa pensare che le notizie pubblicate dal De Santis , siano state di seconda mano .
I settantatre capitoli dello Statuto, tutti scritti in latino, deriverebbero in gran parte da quello di Maranola . In entrambi è usato il termine. ” pastinare ” che sta per ” coltivare – piantare ” determinati ortaggi .
Da due capitoli dello Statuto di Castellonorato riservati alla caccia , apprendiamo la presenza di caprioli nel territorio dove veniva disciplinato anche l’allevamento di oche e delle api.
Sempre in quest’ultimo Statuto , che risale al 1507, sarebbe stato possibile leggere ” pastinare croco o zafferano” , una singolare consuetudine agraria tipica solo di questo borgo in tutto il territorio degli Aurunci, da Fondi al Garigliano.
Sembra che l’area maggiormente interessata e adatta a questa specifica coltivazione, fosse stata la piana di S. Croce e la contrada Vaglio , entrambe appartenenti al Comune di Castellonorato.
L’autorità baronale era rappresentata dal Capitano, ma chi decideva era il Governo presieduto dai Giudici, dal Consiglio e dal Sopraconsiglio.
Altre figure erano: il Baglivo per i danni campestri, gli Agattapani preposti all’annona, due Secreti per il controllo del suolo pubblico, gli Apprezzatori per la verifica dei danni alle proprietà private, e il Mandatario con funzione di banditore.
I proprietari e i fittuari di terreni avevano l’obbligo di ” pastinare ” tre centinaia di cavoli a maggio e due centinaia di spicchi d’aglio a gennaio, pena un tari.
La coltivazione del croco, ossia dello zafferano, era previsto, come detto, solo dallo Statuto di Castellonorato che, evidentemente , aveva zone adatte a tal tipo di coltura.
La moneta era l’augustale pari a sette tari e mezzo ( cioè 150 grana ) , il tari era pari a due carlini e un Ducato = a 5 tari.
Il taglio di un ulivo era punito con un’ammenda di due tari . Nelle fontane e nei piloni era vietato lavare barili , botti e panni sporchi.
Si racconta che quando il Conte Onorato fu sepolto , la sua corazza fu coperta tutta di zafferano che , come si sa, ha un colore aureo.
Forse da qui la leggenda della corazza d’oro , da tutti invano ricercata ?