Anche quest’anno, l’8 marzo si trasforma nel “lotto marzo”. Nuovo sciopero generale previsto martedì 8 marzo 2022, giorno della feste dalla donna: scuola, treni, aerei, mezzi pubblici.
In arrivo un nuovo sciopero previsto per la giornata di martedì 8 marzo 2022, che coincide con il giorno della festa della donna: motivazioni, non una di meno, scuola, treni, aerei, mezzi pubblici, Cobas, Usb, Cgil, Slai Cobas, Confederazione Cub, Confederazione Cobas, Unione Sindacale italiana.
Ci sarà un’altra giornata di disagi su tutto il territorio nazionale. Più o meno quello che è accaduto lo scorso venerdì 25 febbraio 2022, quando, in tutte le città italiane i mezzi pubblici hanno garantito solo poche fasce orarie.
Lo sciopero è stato indetto da diverse sigle sindacali e coinvolgerà i lavoratori di tutte le categorie, pubbliche e private. Anche i lavoratori della Scuola potranno decidere di incrociare le braccia.
I disagi maggiori rischiano di verificarsi per i mezzi del trasporto pubblico, quindi bisognerà stare attenti a metro, bus e tram, aerei e in generale a tutti i mezzi pubblici. Resta elevato il rischio di non potersi recare al lavoro, come quello di non poter tornare a casa.
Il portale del ministero delle infrastrutture e dei trasporti scrive che i ferrovieri potrebbero fermarsi a partire dalla mezzanotte alle 21 dell’8 marzo, non presteranno servizio neanche le fasce che solitamente garantiscono un minimo servizio.
Identica situazione per le fasce aeree, che è intenzionata a prendersi l’intera giornata.
I dipendenti delle società del Tpl hanno fatto sapere che aderiranno alla sciopero indetto per l’8 marzo 2022 per “24 ore con modalità territoriali”.
Si terranno infatti, in tutta Italia, manifestazioni per dire “non una di meno”, protestando contro la violenza sulle donne.
Usb (Unione sindacale di base) ha spiegato le motivazioni dello sciopero generale proclamato per l’8 marzo 2022.
“Sono passati 6 anni dalla scommessa di quel primo sciopero generale del 2017, che per la prima volta dopo tanti anni uscì dalla retorica di una ricorrenza rituale per illuminare tutti i nessi che ruotano intorno alla vita delle donne”, si legge in una nota.
“Da allora molte cose sono cambiate ma soprattutto sono state rese tangibili dalla pandemia, che, come una cartina al tornasole, ha reso evidente e incontrovertibile quello che da sempre denunciamo: l’Italia come Paese fondato sul welfare familistico, che estrae incredibile valore economico dal lavoro di cura delle donne. L’Italia come Paese dove ogni giorno che passa si allarga la forbice retributiva, si creano rapporti di forza ricattatori nei posti di lavoro aumentando così il fenomeno delle molestie e che è disposto a sacrificare sull’altare della produzione e del profitto vite, sogni, speranze”.
“Da subito abbiamo allargato la visuale, guardando alla violenza sulle donne e di genere non come fenomeno emergenziale e irrisolvibile ma mettendo insieme il piano dell’indipendenza economica col piano delle reali misure per fuoriuscirne. I femminicidi aumentano esponenzialmente perché esponenzialmente aumenta la ribellione ai legami violenti. Vi è una stretta correlazione tra il peggioramento delle condizioni di lavoro, il mancato accesso al lavoro, la discriminazione economica e il percorso a ostacoli che una donna deve compiere per potersi liberare da legami violenti e salvarsi la pelle. La violenza sulle donne nella sua accezione fisica, quella manifesta e ripugnante, non può essere scissa da quella legata all’aspetto psicologico, economico e istituzionale. Subdola, nascosta, non riconosciuta e per questo più pericolosa“.
“La violenza economica, che vede il primato dei licenziamenti delle donne, i part time obbligatori, la strategia dei licenziamenti mascherati da trasferimenti a chilometri di distanza da casa”, continua la nota.
“Quella che punta ad un aumento progressivo dell’orario di lavoro, a fronte di salari tra i più bassi d’Europa, in nome di una competitività sfrenata a tutto vantaggio di una classe dirigente ed imprenditoriale che pensa a macinare profitti e spremere come limoni la classe lavoratrice“.
“Per mesi si è raccontata la favola che di fronte alla pandemia siamo tutti sulla stessa barca, ma la realtà ci ha messo poco a dimostrare che sotto ogni punto di vista le cose non stanno così”, si avvia alla conclusione il sindacato. “Rispetto all’anno scorso ci sono 390mila occupati in più ma il gender gap si è acuito“.
Infine: “A fronte delle evidenti e crescenti disuguaglianze la pandemia avrebbe potuto essere un’opportunità per un’inversione di rotta, che non solo non c’è stata, ma la cui sola possibilità ha accelerato i processi di ristrutturazione dell’apparato economico, con al centro gli interessi delle grandi imprese europee e del sistema bancario e finanziario continentale”.