La Sezione del Golfo di Gaeta di Italia Nostra Onlus non intende restare inerte dinanzi a tre temi che interessano il comprensorio e che ogni estate esplodono visibilmente dinanzi a tutti, residenti e villeggianti. Il primo ha una sua rilevanza globale ed è quanto stiamo facendo o non facendo per il clima. Il secondo è la plastica che sta invadendo ogni luogo, conquistando spazi vitali in particolare nel mare dove è fonte di morte per innumerevoli organismi viventi. Il terzo è la qualità delle acque marine che per i motivi più diversi sovente agli occhi dei bagnanti appaiono sporche e, puntualmente, partono le rassicurazioni istituzionali che non è quello che appare. Infatti tanti continuano a pubblicare sui social foto e video per nulla “rassicuranti”.
Italia Nostra ha lanciato un appello in occasione di una riunione convocata a Gaeta presso l’Hotel Mirasole il 13 aprile scorso da Isabella Quaranta, presidente della Consulta delle associazioni del Golfo CoSind. Appello recepito positivamente dalle associazioni presenti. In programma tre eventi: a Scauri domenica 28 luglio ore 21.00 presso lo stabilimento balneare I Delfini la prima serata nel Golfo di campagna di sensibilizzazione sul clima, inquinamento delle acque marine e fluviali, e contro l’utilizzo della plastica. Sabato 3 agosto sempre alle ore 21.00 seconda serata a Formia in località che si sta concordando con il primo cittadino Paola Villa, quindi la serata clou sabato 10 agosto a Gaeta, nel piazzale antistante il Santuario della Santissima Annunziata come concordato con l’assessore Lucia Maltempo. Sempre il 10 agosto alle ore 12.00 cordata umana da Salto di Fondi alla foce del fiume Garigliano sul bagnasciuga e con la partecipazione anche di natanti per una forte sensibilizzazione.
Per il clima non possiamo restare insensibili alle parole della quindicenne Greta Thunberg “ho quindici anni e vengo dalla Svezia. Molte persone dicono che la Svezia sia solo un piccolo Paese e a loro non importa cosa facciamo. Ma io ho imparato che non sei mai troppo piccolo per fare la differenza. Se alcuni ragazzi decidono di manifestare dopo la scuola, immaginate cosa potremmo fare tutti insieme, se solo lo volessimo veramente. Ma per fare ciò dobbiamo parlare chiaramente, non importa quanto questo possa risultare scomodo. Voi parlate solo di una crescita senza fine in riferimento alla green economy, perché avete paura di diventare impopolari. Parlate solo di andare avanti con le stesse idee sbagliate che ci hanno messo in questo casino.
(…) Ma non mi importa risultare impopolare, mi importa della giustizia climatica e di un pianeta vivibile. La civiltà viene sacrificata per dare la possibilità a una piccola cerchia di persone di continuare a fare profitti. La nostra biosfera viene sacrificata per far sì che le persone ricche in Paesi come il mio possano vivere nel lusso. Molti soffrono per garantire a pochi di vivere nel lusso”. La seconda tematica è l’obiettivo “plastic free”: utilizzare sacchetti in tessuto invece di quelli monouso, anche per gli acquisti non alimentari; verificare che i sacchetti utilizzati per la raccolta dell’umido, monouso biodegradabili, siano anche compostabili, come dichiarato dai marchi certificati che devono necessariamente essere stampati sul prodotto; utilizzare brocche da tavola per l’acqua del rubinetto oppure borracce e thermos per il trasporto invece delle bottigliette. Vetro e alluminio sono lavabili e riutilizzabili facilmente, a differenza del PET con cui sono fatte le bottigliette che possono facilmente contaminarsi e non andrebbero mai riutilizzate, come suggerisce il Consorzio Acqua Potabile.
Utilizzare piatti, bicchieri e posate in ceramica o plastica durevole, se si ha la possibilità di lavarli, oppure in materiale monouso certificato come biodegradabile e compostabile, fare in modo che la macchinetta del caffè in ufficio non eroghi più i bicchierini di plastica e usare invece tazze di ceramica o vetro (basta chiedere al servizio manutenzione che periodicamente rifornisce la macchina), preferire contenitori per riporre il cibo in vetro, lavabili e riutilizzabili. Il vetro è un materiale inerte e non tossico anche quando contiene cibo ad alte temperature, a differenza della plastica che rilascia interferenti endocrini, come dimostrato dall’Istituto Superiore della Sanità, per la lavatrice utilizzare poco detersivo, preferire quello liquido, lavare a basse temperature, lavare meno.
Preferire vestiti in fibre naturali quali cotone, lana, lino, canapa, seta e ridurre al minimo i capi sintetici o misti per evitare le micro plastiche. Nei prodotti di bellezza scegliere quelli che non contengono micro plastiche, come gli scrub a base di gusci triturati (in attesa della messa al bando dal 2020), raccogliere i rifiuti di plastica (e non) gettati per terra, in spiaggia, nei parchi e gettarli nei cestini, meglio ancora se nei contenitori per la raccolta differenziata. La plastica ha cambiato il nostro mondo, permettendo la produzione di beni a basso costo, leggeri, colorati, infrangibili, con caratteristiche tecniche uniche che hanno permesso la loro diffusione in tutto il mondo e in tutti i settori.
La sua grande diffusione è diventata però un problema, visto che proviene dal petrolio e dopo l’utilizzo può inquinare. Viene utilizzata anche per imballaggi e oggetti che vengono utilizzati solo per pochi minuti e poi, nella maggior parte dei casi, restano nell’ambiente per secoli, degradandosi a poco a poco ed entrando direttamente nella nostra catena alimentare. Le masse di frammenti di plastica che galleggiano negli oceani e le spiagge coperte di vecchie bottiglie e pezzetti di reti da pesca sono immagini che tutti abbiamo in mente quando parliamo di inquinamento da plastica. L’Italia ha anticipato la normativa europea sostituendo le borse di plastica monouso per la spesa e per i reparti frutta e verdura, con omologhi in materiale biodegradabile e compostabile.
Nel Mar Mediterraneo il 5,2% dei rifiuti è costituito dai cotton floc. Dal 2021 per decisione europea saranno vietate posate, piatti, cannucce, imballaggi per alimenti pronti monouso di plastica, che fanno parte dei dieci prodotti i che rappresentano il 70% dell’inquinamento delle spiagge e degli oceani. Nel mondo si calcola che venga utilizzato un miliardo di cannucce monouso al giorno, una quantità enorme. Dalle lavatrici di casa finiscono nelle acque di scarico frammenti di prodotti come il poliestere, il nylon, l’acrilico, che rappresentano circa il 60% del materiale di cui sono composti i nostri capi d’abbigliamento. I caldi, colorati ed economici maglioni in pile, le camice in poliestere e le calze in nylon sono quindi nocivi per gli ecosistemi visto che ad ogni lavaggio si staccano pezzettini invisibili di tessuto che attraverso gli scarichi finiscono poi nei depuratori che solo in parte riescono a filtrarli. Nondimeno, una volta entrati nell’ecosistema marino, i micro frammenti nocivi iniziano ad assorbire sostanze inquinanti e tossiche e vengono ingeriti dagli organismi che li scambiano per cibo; si accumulano nei tessuti in concentrazioni sempre crescenti via via che si sale nella catena alimentare fino a raggiungere potenzialmente l’uomo. Investire su tessuti sintetici più eco – friendly potrebbe rappresentare una valida soluzione visto che il 60% di tutti gli indumenti a livello globale è realizzato in poliestere ma è necessario anche migliorare il sistema di filtraggio dei depuratori delle acque reflue. Terzo tema la qualità della balneazione nelle acque pontine. Samobis, un progetto di ricerca sperimentale partito nel 2012, costato due milioni di euro ma i cui risultati non hanno mai visto la luce. Uno studio che si proponeva di innovare il monitoraggio dei mari costieri e la salvaguardia della biodiversità marina. Anni di ingiustificata attesa ma infine i primi dati del progetto sulla situazione dei mari del Lazio Meridionale (Formia, Gaeta e Minturno), dal 19 febbraio 2010 con delibera regionale 116 designato come area sensibile, e dei laghi di Fogliano, Sabaudia e Caprolace.
Lo studio commissionato dalla Provincia di Latina – Assessorato all’Ambiente si concluse nel 2015 e partiva dalla premessa che “i metodi attualmente in uso non possiedono la sensibilità sufficiente a scorgere alcune emergenze ambientali in particolare quelle dovute a inquinanti azotati derivanti da reflui agricoli, zootecnici e fognari che, seppure vengono diluiti velocemente dal movimento delle acque marina riducendone la concentrazione, con il loro passaggio possono danneggiare gli organismi marini” e ancora “la forte urbanizzazione, l’espansione turistica, in associazione a attività agricole, zootecniche e di acquacoltura, sono le principali forzanti antropiche che, insieme a pressioni di origine naturale, hanno provocato, negli ultimi decenni, il deterioramento della qualità ambientale della fascia costiera del golfo di Gaeta; pertanto, le condizioni ambientali delle acque marine costiere del golfo di Gaeta sono da considerarsi critiche, non tanto per la presenza di uno specifico fattore di alterazione quanto per la concomitante presenza di più fonti di alterazione che in un contesto semichiuso e a scarso ricambio creano uno stato di notevole stress ambientale rispetto alle condizioni medie tirreniche. La condizione generale dello stato trofico delle acque marino costiere laziali è tendenzialmente da ritenersi di tipo mesotrofico, con fenomeni di eutrofizzazione che si sviluppano principalmente nelle acque antistanti le foci dei principali fiumi o in aree sottoposte a scarichi urbani”.
In sostanza “l’analisi della distribuzione dei nutrienti azoto, nitrati e ammonio evidenzia un massimo di valori in prossimità della foce del Garigliano, nell’area a est del promontorio di Gianola e nell’area tra Gaeta e Formia… I nitrati, in particolare, mostrano valori più elevati in acque sia strettamente costiere che al largo, con un’ampia distribuzione in tutte l’area della foce del Garigliano, fino al promontorio di Gianola, e nell’area di foce Pontone, tra Caboto e il Porto di Formia”.