Tra una tesi di dottorato in letteratura per ragazzi e scrittura creativa discussa lo scorso 15 luglio, nonostante i limiti imposti dal covid, e un racconto, o meglio 28, Manuela Salvi ha dato vita ad un progetto in cui, come dice lei, c’è tutta se stessa: “In questa raccolta di racconti, “Storie dalla Zona Rossa”, c’è il meglio della mia scrittura, in pillole leggere: l’irriverenza, l’arguzia, l’occhio per le sfumature dell’anima”.
Il progetto “Covid-19 Storie dalla zona rossa”, la 25esima fatica della Salvi, già tradotto in inglese e in coreano, è il primo Instant book ispirato al Coronavirus e consiste in una raccolta tandem: ci sono racconti per adulti e per ragazzi, così che il libro possa essere condiviso ed esplorato da tutta la famiglia.
“Ho cominciato subito – non sapendo cosa fare per arginare questa stato di smarrimento e per dare voce ai miei sentimenti ho cominciato a scrivere prendendo spunto da fatti veri e notizie
spiega la Salvi – All’inizio quando c’è stata la comunicazione della pandemia, per me dal punto di vista della professione che faccio è stato interessante, per la prima volta ho vissuto la distopia dall’interno. L’hai sempre letta sui libri e poi ti ci trovi in mezzo. Per noi che non abbiamo fatto la guerra un’esperienza abbastanza inusuale, quindi mi è scattato subito l’interesse per tutti gli aspetti più umani”.
La redazione di “Covid-19” Manuela l’ha cominciato proprio a Formia, dove si trovava durante la quarantena. I 28 racconti, ha continuato a spiegare Manuela, si dividono in tre gruppi: “Uno è quello distopico. In molti casi ho immaginato come sarà il futuro prossimo o più remoto dopo la pandemia, in modo a volte ironia, a volte drammatico, dipende dall’umore che avevo in quel momento. Una serie è legata a fatti di cronaca realmente accaduti, per esempio nella week-one il protagonista del racconto è un medico lituano, c’era quella notizia che la Lituania stava mandando medici in Italia, io ho immaginato questo medico inserito in una situazione molto ‘italiana’ che si trova ad affrontare senza avere gli strumenti culturali per farlo. Oppure mi aveva colpito che a Bergamo avevano dovuto affittare dei container frigo per conservare le salme prima della cremazione. Ho visto alla televisione questa porta con un cartello giallo su cui era scritto ‘attenzione assicurarsi sempre che non ci si qualcuno dentro prima di chiudere’ quindi ho scritto un racconto su una persona che resta chiusa dentro. Oppure un giorno stavo rileggendo Mrs Dalloway di Virginia Wolf per l’ennesima volta e mi sono detta chissà come sarebbe stata la scena in cui Mrs Dalloway e Peter Walsh si incontrano dopo 20 anni se ci fosse stata la pandemia in quel momento, il racconto si chiama ‘Beni di prima necessità’. Clarissa Dalloway esce per andare a comprare i fiori, ma nel mio racconto non può perchè i fiori non sono beni di prima necessità, parte tutto da qui. Insomma ho spaziato parecchio”.