L’avvocato Pino D’Amici ci offre un suo amarcord: “Quante volte, da bambino, con gli amici correvamo tra questi vicoli, facendo confusione davanti la cantina di Finamunnu, dove tanti astanti fermi a bere un bicchiere di vino spesso imprecavano contro di noi e noi a ridere a crepapelle.

Scappavamo lungo Via Diritto Portico e imboccavamo ogni volta un vicolo diverso, a caso, non sapendo bene dove ci avrebbe condotto ma ci regalava sempre una scoperta con la sua architettura medievale.

Ci fermavamo anche a prendere il pane da Cicciglio, strappare e assaporare quella mollica così morbida e calda: ci sembrava che il mondo fosse tutto lì.

E poi, nella villa, a scovare i pinoli nelle pigne, li aprivamo battendoci sopra con le pietre sul marmo degli angoli delle aiuole che usavamo come sedie per giocare ai “quattro cantoni”.

E poi alla sala giochi da Campagnolo quante giocate al videogame del pinguino che doveva rompere i blocchi di ghiaccio, spesso restavamo a guardare i più grandi che si dilettavano al biliardo.

Il centro di storico di Minturno è pieno di ricordi, ricordi che con il tempo vanno affievolendosi.

Oggi tanti di questi vicoli sono impraticabili, altri pieni di immondizia ed erbacce.

Abbandonati, caratterizzati da miasmi insostenibili.

Eppure dovrebbe essere un argomento al centro di ogni agenda politica, ma non è così.

La prossima amministrazione deve cominciare da qui, da questi vicoli, dai suoi residenti, ascoltandone le esigenze e intervenire puntualmente.

Le parole non bastano più”.

Serena Innesti su Facebook ha dato il suo contributo di ricordi di quando era ragazzina:

“Mi viene in mente la canzone ma che ne sanno il due mila ma che ne sanno i nostri figli degli interi pomeriggi passati pe la via a correre e giocare liberamente oggi saranno pure dei bravi informatici ma di giocare non sanno cosa significa le serate passate a giocare a molla al saltare con la corda a giocare a un due tre stella alle rara de San Pietro e dei numerosi personaggi che hanno reso particolare il nostro paese.

Da finamunno a zii masto bidittu grande giocatore zii Eugenia Co le castagne ranu ranu ranonchie Giovannina la mamma de franca che vendeva le rane per il brodo la ricotta re che te suonava Co chelke ricittine caore caore ma c’è ne sanno il 2000 lo ponno sape sulu i traettisi come a nui”.

Nostalgia canaglia!

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