Se il celebre “Mondo di mezzo” fu una espressione di successo coniata in occasione dell’operazione poi passata alle cronache come Mafia Capitale, e che servì a raccontare uno sterminato e invisibile spaccato sociale che univa la politica, le istituzioni e la mafia romana, con quanto sta emergendo invece in Provincia di Latina negli ultimi giorni, ma direi negli ultimi anni, siamo di fronte a ben altro che mondi di mezzo, e potremmo parlare di veri e propri universi paralleli. Pezzi di istituzioni fondamentali come i servizi segreti e la magistratura, sarebbero non solo deviati, ma invero parte fondamentale negli ingranaggi degli affari e degli interessi dei più potenti clan mafiosi e camorristici sul nostro territorio. Le ultime rivelazioni a dir poco sconcertanti, inquietanti, terrificanti, arrivano per bocca di uno dei massimi esponenti del Clan Ciarelli, che insieme ai Di Silvio imperversa da tempo a Latina, e che è stato colpito pesantemente negli ultimi mesi da ripetute operazioni antimafia, che mostrano però anche uno Stato che funziona in nome della lotta all’illegalità, al crimine e alle istituzioni colluse. Ma mentre sembra sempre così difficile portare a termine operazioni, arresti e soprattutto condanne, il mondo sottosopra delle istituzioni criminalizzate o del crimine istituzionalizzato – fate voi – sembra invece fin troppo ben collaudato. Ed è così che emerge un quadro che purtroppo abbiamo già in passato intravisto e che mi ha portato in questi mesi a compiere azioni parlamentari anche forti nei confronti di alcuni luoghi delle istituzioni sul nostro territorio. Leggiamo di telecomandare sentenze persino in Cassazione a suon di decine di migliaia di euro, chiudere gli occhi alla dogana degli aeroporti italiani dinanzi a valigette con 250mila euro dentro e di uomini dei Servizi Segreti in grado di impedire l’avvio di attività di indagine su certi “amici” appartenenti ai clan. E ancora ci sarebbero funzionari delle carceri in grado di predisporre trasferimenti di detenuti di spessore in penitenziari graditi ad alcuni mafiosi e persino all’interno di Tribunali – persino a Roma – si potrebbero manipolare cavilli e formalità per far decorrere – ad esempio – i termini per la custodia cautelare. Insomma, che in questo territorio, certi meccanismi dello Stato, vadano a braccetto da molto tempo con la parte più oscura della criminalità organizzata, lo abbiamo capito da molto tempo e solo chi non vuole capirlo, fa finta di non vedere.
Come dimenticare i fatti emersi dal caso Iannotta, ad esempio, solo per citare uno dei più recenti, con pezzi considerevoli dei servizi segreti, ma anche delle forze dell’ordine sui territori – persino un colonnello dei carabinieri – comandanti da Luciano Iannotta e dai suoi rapporti privilegiati con i clan del capoluogo pontino, con quelli storici del Sudpontino e persino con le cosche calabresi della Ndrangheta. Circostanza sulla quale ho già presentato nei mesi scorsi una interrogazione parlamentare. E ancora da Gaeta sappiamo di incontri di servizi segreti con alcuni esponenti di camorra, per pianificare la gestione dei rifiuti in Campania. Ora, che qualcosa davvero non andasse per il verso giusto, era arrivato già nei mesi passati il momento di doverlo dire a tutti quanti di competenza, ecco perché io stesso inviai una nota al Consiglio Superiore della Magistratura e al Presidente della Repubblica affinché si vigilasse e si vigili, sul buon funzionamento di certi meccanismi tanto delicati e soprattutto su quello delle nomine dei Procuratori Capo di certe procure che oggi più che mai meritano figure di spessore, di indiscutibile indipendenza, specchiata moralità e dedizione al loro lavoro. A Cassino, in vista della nomina del nuovo Procuratore auspico che si faccia grande attenzione. Come pure riguardo a Latina, vorrei ricordare le parole dell’allora procuratore capo proprio di Roma Michele Prestipino, e proprio nelle settimane di Mafia Capitale, a che in una seduta di commissione antimafia del 2014, sottolineò “le difficoltà a lavorare in Provincia di Latina”, e aggiunse: “Ma che indagini sono queste se un decreto di intercettazione finisce nelle mani sbagliate? Potrebbe sembrare un caso isolato, ma non è così. Per dirla in termini eleganti, ci sono realtà territoriali in cui la compenetrazione di interessi diversi è tale per cui difficilmente un’attività di intercettazione dura più di trenta o quaranta giorni senza che l’interessato sia da qualcuno avvertito. E le indagini di mafia, senza intercettazioni, sono impossibili». C’è un Antistato che si muove più profondamente e rapidamente al servizio delle mafie, di quanto possiamo immaginare o siamo in grado di fronteggiare. Fatto di uomini piazzati in tutte le posizioni più strategiche e di potere, di cui non sappiamo nulla, o semmai sospettiamo tutti ma senza avere alcuna prova e che emerge solo dalle testimonianze di pentiti o da complicate e lunghissime indagini giudiziarie che arrivano a compimento quando invece gli stessi sistemi che si combattono proliferano quotidianamente. E’ necessario allora che tutte le componenti delle istituzioni democratiche facciano la loro parte, isolino i criminali e denuncino ciò che vedono, e io dico anche la società civile non si deve tirare indietro. Dobbiamo vigilare e partecipare tutti assieme, perché a prevalere siano sempre le persone per bene, la legalità, le forze migliori delle istituzioni dello Stato e della politica. Non dobbiamo mollare!