con Francesca Ianniello
C`è un`emergenza inquinamento marino legato alla storica presenza della Centrale nucleare del Garigliano? Le prove sembrano essere definitive e conclusive.
È bene quindi raccoglierle e metterle in fila a beneficio della verità. In primo luogo è bene evidenziare che le attività di smantellamento della Centrale sono in corso e sono condotte dalla Sogin, società di Stato responsabile del decommissioning degli impianti e della gestione dei rifiuti radioattivi prodotti negli anni. Ultimo atto del processo, solo in ordine di tempo, la demolizione del camino, attraverso la tecnica della `frantumazione controllata`. Un intervento di precisione per evitare impatti sul territorio. Precauzioni dovute, per un territorio che volente o nolente ha subìto gli effetti della presenza della Centrale. A confermarlo studi e documenti che, per vero, non hanno avuto negli anni la larga diffusione che avrebbero meritato. Cominciamo dal rapporto dell`ENEA, Comitato Nazionale per la Ricerca e per lo Sviluppo dell`Energia Nucleare e delle Energie Alternative, oggetto degli atti del Convegno Italo-Francese di Radioprotezione promosso nel 1983. Nel documento si parla dell`influenza dei fattori geomorfologici sulla distribuzione dei radionuclidi, un esempio dal Monte Circeo al Volturno.
Un fazzoletto di terreno nazionale interessato dalla presenza di ben due centrali: quella del Garigliano da una parte, Borgo Sabotino dall`altro. Sulla carta due regioni diverse, la realtà sono poche centinaia di chilometri di distanza. Nel documento si ricostruisce la distribuzione di Cobalto 60 e Cesio 137. “Nell`ambiente marino considerato la radioattività ambientale artificiale direttamente correlative all`esercizio dell`impianto elettronucleare è distribuita su un`area di almeno 1700 km2. Le zone di relativa maggiore deposizione dei radionuclidi sono essenzialmente quelle dove il bilancio sedimentazione/erosione è a favore del primo fattore (golfi, batimetrie fra i 40 e i 50 metri)”.
Un`affermazioni che traccia due conclusioni: fattori di inquinamento sono confermati, interventi sono auspicati. Intatti, si legge: “Da un punto di vista metodologico, la conoscenza del quadro morfologico, mitologico e sedimentologico, anche a semplice livello previsionale, consente con la racconta di un numero limitato di campioni significativi corrispondenti alla variabilità ambientale”. Ad esplicitare ulteriormente il tema in campo è l`Istituto Superiore di Sanità che il 4 agosto 1984 ha messo nero su bianco: “Per una serie di ragioni descritte in notevole dettaglio nella letteratura tecnica, si sono prodotti fenomeni di accumulo del Cobalto e del Cesio, scaricati nel fiume Garigliano, all’interno del golfo di Gaeta. Ciò è indubbiamente legato all’insediamento della centrale”. Con quali conseguenze? Clamorose, concordano gli specialisti. Raccogliamo le parole di Gianni Mattioli, docente di Fisica alla `Sapienza` di Roma che, non riferendosi propriamente al nostro territorio, afferma: “Il danno sanitario da radiazioni è un danno senza soglia. Dosi anche infinitesimali di radioattività innescano processi di mutagenesi e patologie tumorali”.
Fa eco la biologa marina Rachel Carson, la quale, ancora senza fare esplicito riferimento al nostro territorio, ne `Il mare intorno a noi` afferma: “La concentrazione e la distribuzione di radioisotopi ad opera degli organismi marini può forse avere un’importanza ancora maggiore dal punto di vista del rischio umano (…) gli elementi radioattivi depositati nel mare non sono più recuperabili. Gli errori che vengono compiuti ora sono compiuti per sempre”. Per dare risposta agli interrogativi in campo e per individuare possibili soluzioni nel Golfo di Gaeta, l’Arpa Lazio, in collaborazione con l’Università di Roma `Sapienza`, ha attivato da gennaio 2012 un progetto pilota, denominato “Samobis”, per l’applicazione su larga scala di una nuova metodologia standard di monitoraggio, basata sulla distribuzione degli isotopi stabili e analisi del territorio, finanziato dall’amministrazione provinciale di Latina. Queste ed altre iniziative sono auspicabili per tracciare un quadro d`insieme il più preciso e circostanziato possibile. Un`analisi franca e oggettiva è la premessa per interventi responsabili e risolutivi.