Un italiano su due guadagna meno di 1.100 euro al mese – Il lavoro è uno dei principi fondamentali fissati dalla Costituzione della Repubblica
Italiana, secondo l’art. 1. Secondo l’articolo 36 della nostra costituzione: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può
rinunziarvi. “ Eppure il 58% dei lavoratori italiani lavora senza turni, giorni di riposo e orari
inadeguati. Aggiungendo che tali dipendenti ricevono uno stipendio minimo che
risulta essere anche inferiore a 1.100 euro mensili. Situazione inaccettabile per il
lavoratore che deve mantenere una sua indipendenza e occuparsi di spese
necessarie come l’affitto di una casa o la semplice spesa settimanale. Come può
una madre o un padre sostenere dei figli con le loro attività se il loro stipendio non lo
permette?
Con questi presupposti come può un giovane pensare di potersi creare una famiglia
o acquistare una casa? Oggi come oggi sembra una vera e propria utopia. Che
prospettiva avranno questi ragazzi, che studiano anni e anni al fine di trovare il
lavoro dei propri sogni, senza poter avere uno stipendio che compensi tali sacrifici?
ARTICOLO CORRELATO – Povertà in aumento anche nel nostro comprensorio. I maggiori disagi a Fondi e Ponza, benessere a Gaeta: In Italia, riguardo la povertà, nel 2020, si è battuto un altro record quello dell’aumento della povertà, che è dal 2005 il dato più importante. Nel 2020, Il fenomeno della povertà riguarda più di due milioni di famiglie circa il 7,7%, a causa pandemia, torna a crescere la povertà assoluta che tocca poco più di due milioni di famiglie e oltre 5,6 milioni di individui circa il 9,4% dal 7,7% dell’anno precedente.Per quanto riguarda la povertà relativa, le famiglie sotto la soglia sono poco più di 2,6 milioni (10,1%, da 11,4% del 2019). Nel 2020, continua l’Istituto di Statistica, l’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si conferma più alta nel Mezzogiorno (9,4%, da 8,6%), ma la crescita più ampia si registra nel Nord dove la povertà familiare sale al 7,6% dal 5,8% del 2019. Tale dinamica fa sì che, se nel 2019 le famiglie povere del nostro Paese erano distribuite quasi in egual misura al Nord (43,4%) e nel Mezzogiorno (42,2%), nel 2020 arrivano al 47% al Nord contro il 38,6% del Mezzogiorno, con una differenza in valore assoluto di 167mila famiglie.
Anche in termini di individui è il Nord a registrare il peggioramento più marcato, con l’incidenza di povertà assoluta che passa dal 6,8% al 9,3% (10,1% nel Nord-ovest, 8,2% nel Nord-est).
Sono così oltre 2 milioni 500mila i poveri assoluti residenti nelle regioni del Nord (45,6% del totale, distribuiti nel 63% al Nord-ovest e nel 37% nel Nord-est) contro 2 milioni 259mila nel Mezzogiorno (40,3% del totale, di cui il 72% al Sud e il 28% nelle Isole). In quest’ultima ripartizione l’incidenza di povertà individuale sale all’11,1% (11,7% nel Sud, 9,8% nelle Isole) dal 10,1% del 2019; nel Centro è pari invece al 6,6% (dal 5,6% del 2019).
Per classe di età, spiega l’Istat, l’incidenza di povertà assoluta raggiunge l’11,3% (oltre 1 milione 127mila individui) fra i giovani (18-34 anni); rimane su un livello elevato, al 9,2%, anche per la classe di età 35-64 anni (oltre 2 milioni 394mila individui), mentre si mantiene su valori inferiori alla media nazionale per gli over 65 (5,4%, oltre 742mila persone).
Rispetto al 2019 la quota di famiglie povere cresce a livello nazionale in tutte le tipologie di comune, ma se al Nord aumenta – da 6,1% a 7,8% – nei comuni fino a 50mila abitanti e nei comuni periferia delle aree metropolitane e comuni da 50.001 abitanti (dal 4,8% al 7,0%), nel Centro a peggiorare sono le condizioni delle famiglie residenti nei centri area metropolitana (l’incidenza passa dal 2,0% al 3,7%). Clicca qui per continuare a leggere l’articolo.