Le elezioni più social di sempre, ma tra i giovani cresce il partito dell’astensionismo – Il Dottor Emilio Di Micco in una nota stampa comunica: “Il 25 settembre si attendono 4,7 milioni di nuovi giovani elettori, e i leader politici si sono finalmente resi conto che conquistarli è una delle poche chance che hanno per includere una forte voce dei giovani nei risultati elettorali. E ci stanno provando in tutti i modi, anche i più goffi. Ma per capire i sentimenti di delusione, e perfino di rabbia, di una generazione che non si sente rappresentata da una politica troppo lontana dai loro bisogni occorre guardare l’andamento dell’astensione tra i 18-34enni.
Le elezioni più social di sempre, ma tra i giovani cresce il partito dell’astensionismo – Quanto vale l’astensione? Nel 1992 l’astensione dei 18-34enni era al 9% contro il 10% dei 35-54enni e il 20% degli over 55, mentre nel 2018 non va alle urne il 38% dei 18-34enni, contro il 31% dei 35-54enni e il 25% degli over 55. Abbiamo un astensionismo a livelli record: la sfida non è rubare elettori ad altri partiti, ma convincere i disillusi a tornare votare, giovani e non.
Le elezioni più social di sempre, ma tra i giovani cresce il partito dell’astensionismo – Avete anche voi l’impressione che in questa campagna elettorale si stia parlando poco dei temi che stanno a cuore ai giovani? Il motivo è principalmente uno: la composizione del corpo elettorale in Italia, cioè i cittadini che hanno diritto di voto, è nettamente sproporzionata a favore delle generazioni più anziane. L’elettorato potenziale degli under 35 è di circa 10 milioni di persone, mentre quello degli over 50 è di circa 26 milioni di persone, senza contare i residenti all’estero.
Dunque i partiti guardano lì dove si trova la fetta più grande di elettorato.
Secondo un sondaggio di YouTrend, l’84% delle persone crede che in questa campagna elettorale non si stia facendo abbastanza per i giovani. Ma se vogliamo contare di più, dobbiamo mostrare più interesse per i temi che ci stanno a cuore.
I giovani di oggi sono una risorsa preziosa per il “domani che verrà”. Sono coloro che dovranno affrontare le conseguenze di grandi fenomeni globali come il riscaldamento del pianeta, i cambiamenti demografici, la rivoluzione digitale.
Le ragioni, a mio parere, che tengono lontani dalle urne i giovani, sono principalmente due:
- La prima è la penuria di candidati giovani da cui possono sentirsi rappresentati;
- La seconda è l’assenza nell’agenda politica proposta dei temi che gli stanno più a cuore.
Non dimentichiamoci di coloro che appartengono alla categoria dei fuori sede: sono circa 5 milioni i cittadini che il 25 settembre saranno costretti a tornare a casa se vogliono votare e che, per ragioni economiche e non solo, potrebbero rinunciare a farlo.
Cosa si può fare? Difficile dare una risposta precisa. La classe politica per comprendere le istanze dei giovani, dovrebbe:
- costruire un dialogo strutturato che si ispiri al modello europeo, mediante l’apertura di spazi nei processi decisionali a livello istituzionale;
- rafforzare il ruolo delle delega alle politiche giovanili tramite l’istituzione di una cabina di coordinamento a livello nazionale e interregionale al fine di coinvolgere nei processi decisionali le organizzazioni e i movimenti giovanili, per recepire i contributi che arrivano anche da un livello più locale;
- consolidare il ruolo del Consiglio Nazionale Giovani.
Ma esiste un’alternativa a tutto questo? Non c’è una risposta precisa a questa domanda, ma l’unica vera strada percorribile è partecipare. La nostra generazione non può permettersi di restare a casa il 25 settembre e deve andare a votare se vuole far sentire la propria voce e prendere parte al cambiamento.
Solo così riusciremo a incidere sull’agenda politica e portare i partiti a parlare dei nostri problemi e dei nostri bisogni.”