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Il gioco delle carte napoletane è il frutto di una tradizione popolare molto antica e molto radicata. Queste carte accompagnano molti dei nostri momenti di convivialità e di svago. Briscola, scopa, Settebello, tressette, solitario, asso pigliatutto: i giochi di carte sono parte integrante della nostra quotidianità. Per molti aspetti, le carte rappresentano uno dei giochi più tradizionali che conosciamo.

Tuttavia, i giochi di carte si sono profondamente evoluti con il tempo. Anche il gioco segue le mode e l’evoluzione tecnologica. Basti pensare che negli ultimi anni, la rete ha contribuito alla diffusione di un numero sempre crescente di giochi da casinò. Si vai dai grandi classici che non passano mai di moda, come il blackjack, la roulette e il poker, fino ad arrivare a slot machine di ogni tipo. L’utilizzo di dispositivi mobili e di software sempre più sicuri ha contribuito molto al successo di questo tipo di giochi, introducendo in Italia giochi fino a pochi anni fa poco conosciuti.

La storia del gioco è, infatti, una storia di incontri tra diversi popoli, di fitte relazioni commerciali, di tecnologia e di costume. La storia delle carte napoletane rappresenta al meglio questo complesso e affascinante intreccio.  

Il mazzo delle carte napoletane è composto da 40 lame, divise in 4 diversi semi: Coppe, Spade, Denari e Bastoni. Dal punto di vista grafico si distinguono per la rappresentazione a figure intere di fante, cavallo e re, ritratti in abiti tipici del XIX secolo. Il fante ha tratti femminili, per questo viene chiamato anche “la donna”. L’asso di denari è rappresentato da un’aquila bifronte. Il tre di bastoni prende il curioso titolo popolare di “gatto mammone”. Questo è il nome associato al mascherone baffuto che troneggia al centro della carta. Oggi le carte napoletane sono tra le più diffuse e amate in tutta Italia, in particolare nel centro-Sud della Penisola.  

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Gli storici non sono ancora riusciti a identificare con esattezza in quale periodo sono nate le carte da gioco. Si presuppone che siano stati i cinesi i primi a introdurre l’usanza di questo gioco intorno al X secolo. A quel periodo si fa risalire proprio l’invenzione cinese della carta come materiale di supporto per la scrittura. Secondo alcuni potrebbe essere stato Marco Polo, a riportare il primo mazzo di carte da gioco a Venezia. Secondo molti studiosi, i contratti tra cinesi, persiani e popolazioni arabe portarono l’uso delle carte più a Ovest, fino a raggiungere poi l’Europa e le Americhe. Secondo alcune fonti, in Campania già nel basso Medioevo si giocava a carte. Si racconta infatti che già nel Trecento la Regina Giovanna I d’Angiò si recasse spesso a Sorrento per fare bagni e per “giocare con le carte”).

Tutti concordano sul grande ruolo svolto dalle popolazioni arabe e islamiche nella definizione e nella diffusione delle carte in tutto il bacino del Mediterraneo. Tra queste vi erano i mamelucchi, soldati turchi a servizio dei sultani ayyubiti d’Egitto. Questi avevano numerosi rapporti commerciali con i regni occidentali. Tra i mamelucchi vigeva l’uso di giocare con mazzi di carte composti dai quattro semi, gli stessi che conosciamo ancora oggi: Coppe, Denari, Spade e Bastoni. Ogni seme era composto da tredici carte, di cui dieci numerate e tre figure: re, viceré e secondo viceré. La legge islamica vietava la rappresentazione della figura umana, quindi su queste ultime carte era solo riportato il titolo della figura, scritto in bella calligrafia e finemente adornato.

I primi documenti sulla produzione di carte compaiono proprio in un paese europeo molto legato alla cultura arabo: la Spagna. Nel 1377 a Barcellona si producono carte alla maniera europea, ovvero con le figure di re, cavalieri e fanti. Nel XVI secolo, sotto la dominazione spagnola dei Borbone, le carte arrivano a Napoli. Il gioco si diffonde subito con grande successo. Questo è attestato dal fatto che nel 1577 il viceré spagnolo era arrivato a introdurre una tassa sulle carte da gioco “un carlino per ogni paro di carte”. Guardando ai registri fiscali del regno, arriviamo a stimare che all’epoca in tutto il regno erano stati prodotti più di 58.000 mazzi carte, di cui ben 42.000 destinati alla capitale, Napoli.

A Napoli nasceranno veri e propri centri per la produzione di carte, con relativi maestri. Disegnatori, stampatori e artigiani tramandano la tradizione di padre in figlio. Produrre le carte napoletane con il sigillo reale era posizione ambita e prestigiosa. Da un lato questa manifattura permetteva di esprimere creatività e alta abilità artigiana, dall’altra vi erano regole formali molto severe da rispettare. I disegni delle carte verranno spesso modificate nei secoli, ma non le figure degli assi. La tradizione ha posto questo veto, rispettato ancora oggi. Chi falsificava le carte, inoltre, era punito con multe molto salate.

Le carte in breve tempo sono diventate una vera e propria forma di espressione d’arte popolare. Costavano relativamente poco e tutti potevano acquistarle. I loro simboli sono diventati molto presto codici, capaci di esprimere diversi significati, tanto da essere usate nei più svariati ambiti. Ancora oggi le carte napoletane continuano a essere presenti in tante diverse realtà. Ispirano l’arte, la moda e il design, rappresentano un patrimonio culturale popolare da proteggere e da valorizzare.