I giovani trovano sempre lavoro troppo tardi. Analisi sull’accesso al mercato del lavoro e confronto con i coetanei europei – “L’Italia è ancora lontana dall’essere una prateria di opportunità di lavoro per i giovani neolaureati e neodiplomati, come conferma anche un report di Eurostat che ha confrontato il tasso di occupazione dei giovani lavoratori europei”. È la cruda analisi condotta da Will Media, media italiano di informazione, che analizzando gli ultimi dati forniti da Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione Europea, evidenzia come siamo ultimi in Unione Europea per percentuale di diplomati e laureati occupati.
I dati sono relativi al 2023 e infatti il report prende in considerazione le persone di età compresa tra 20 e 34 anni che hanno finito gli studi da non più di tre anni, che hanno almeno un diploma di scuola superiore e che non hanno partecipato a corsi formativi nelle quattro settimane precedenti allo svolgimento della rilevazione. La media europea è dell’83,5%, mentre il dato italiano è del 67,5%, dietro a Grecia e Romania. Al primo posto troviamo Malta, seguita da Paesi Bassi e Germania, con valori superiori al 90%.
“Al nostro Paese non è bastata dunque la crescita rispetto ai dati del 2022 (+2,7%) per evitare la conferma all’ultimo posto di questa classifica. Questi dati rendono ancora più urgente la necessità di intervenire sul mercato del lavoro e sul nostro sistema formativo per permettere a quanti più giovani di trovare un lavoro stabile e ben pagato, una condizione indispensabile per raggiungere l’indipendenza e per iniziare a costruirsi il proprio futuro” secondo quelli di Will Media.
Un’analisi che deve fare il paio con due elementi altrettanto importanti. La scarsa capacitá dell’istruzione italiana, sia secondaria, che universitaria a fare da ponte con il mondo del lavoro. Inoltre, usciamo di casa troppo tardi. I giovani italiani abbandonano casa dei genitori troppo tardi, rallentando la crescita personale e professionale in confronto con i coetanei europei. Non un problema a livello nazionale, ma un trend che diventa un fardello quando il confronto si fa a livello internazionale e nel mercato estero. Sarebbe importante aprire un dibattito nazionale sul futuro e prospettive degli under ’40.