L’Associazione Comunità del Lazio Meridionale e delle Isole Pontine, a firma di Francesco Di Maio, e l’Associazione Cittadini per la Tutela dei Beni Comuni di Formia e del Coordinamento Acqua Sudpontino hanno presentato il 3 gennaio 2020 un documento indirizzato ad enti ed istituzioni.
Al Presidente di ATO 4, Ing. Carlo Medici
ufficio.protocollo@provincia.latina.it ;
ufficio.protocollo@pec.provincia.latina.it
Al Responsabile STO ATO 4, Ing. Umberto Bernola
segreteria@pec.ato4latina.it
Al Sindaco del Comune di Formia, Prof. Paola Villa
sindaco@comune.formia.lt.it
Istituto Superiore di Sanità Direttore di Reparto DAMSA
–
Qualità dell’acqua e salute, Dr. Lucentini Luca
luca.lucentini@iss.itAll’Istituto Superiore di Sanità
All’ Assessore ai Lavori Pubblici, Tutela del territorio,
Mobilità della Regione Lazio, Mauro Alessandri,
asslavoripubblici@regione.lazio.it
Al Presidente della Regione Lazio, On. Nicola Zingaretti
presidente@regione.lazio.it
Dir. Reg. Lavori Pubblici – Risorse Idriche e Difesa del Suolo
Dott.ssa Wanda D’Ercole
dir.lavoripubblici@regione.lazio.legalmail.it
“L’intorbidamento dell’acqua distribuita dagli acquedotti, nel novembre u.s. e periodicamente presente in occasione di piogge intense, ha creato molti disagi alle comunità del golfo di Gaeta. Vento e pioggia hanno complicato ulteriormente l’approvviggionamento mediante autobotti. Le attività economiche, come bar, ristoranti, alberghi, soprattutto durante le festività natalizie, hanno subito danni notevoli.
L’intero sistema acquedottistico è stato messo a dura prova. Il notevole afflusso delle acque alla stazione di pompaggio di Formia, ha prodotto pericolosi allagamenti. E’ utile ricordare che nel Novembre del 2012 la stazione di pompaggio fu allagata dalla piena e andarono distrutte pompe e quadri elettrici. Il blocco durò parecchi giorni. Alcune pompe furono sostituite altre riparate, i quadri elettrici furono trasferiti al secondo piano della palazzina ma la captazione e la galleria d’adduzione sono rimaste come allora.
Oggi, al di là dei provvedimenti immediati, è necessario programmare la ricaptazione delle sorgenti e l’adeguamento delle opere acquedottistiche. L’area dove sgorga la polla principale è sovrastata dalla ferrovia che disperde le acque meteoriche nel sottosuolo (negli anni 1930 e 1934, la fogna del casello 129 della ferrovia, provocò ben due epidemie di tifo).
Ancora oggi, nei mesi di maggiore piovosità, si riscontra la presenza di batteri patogeni. Questi fenomeni furono ben descritti nella fase di realizzazione della ferrovia Roma-Napoli (1914 – 1920). La realizzazione di numerosi fabbricati in prossimità delle sorgenti hanno creato ulteriori potenziali rischi di inquinamento.
Pertanto, la ristrutturazione delle opere di presa (captazione più a monte) e di trattamento delle acque (filtraggio e/o vasche di decantazione) non è più rinviabile. Nel 1998 furono stanziati dalla Regione Lazio (Presidente Piero Badaloni) fondi per rifare la captazione e la stazione di pompaggio.
Fu elaborato un progetto che prevedeva lo spostamento della stazione di pompaggio nell’area del vecchio mattatoio, eliminando così l’inutile percorso che attualmente fa l’acqua dalla sorgente alla stazione di sollevamento. Anche le Ferrovie dello Stato furono chiamate in causa per inadeguata corrivazione delle acque meteoriche provenienti dai binari. Poi tutto finì nel nulla fino al 2008, anno in cui se ne riparlò ma senza alcun progetto nè stanziamento di fondi.
La ristrutturazione dell’opera di presa non è più comparsa tra le priorità infrastrutturali. E’ il caso di ribadire che solamente la ricaptazione di Mazzoccolo (e di Capodacqua) può assicurare la sicurezza delle acque da distribuire agli acquedotti del golfo.
Dalla sola area sorgentizia di Mazzoccolo fuoriescono 7 milioni di mc3/anno di acqua che finisce prevalentemente in mare, per non parlare di Capodacqua di cui solo 400 litri/secondo dei 1200 prodotti, vengono utilizzati.
La condotta Cellole – Minturno ed i pozzi dell’Acervare furono il frutto di decisioni frettolose, prese sotto l’incalzare dell’emergenza estiva del 2017 e che oggi appaiono oggettivamente prive di utilità sostanziale. Entrambe quelle opere, se nel 2018 si fosse riproposta l’emergenza siccità, non avrebbero risolto la crisi.
I quasi 10 milioni di euro che si stanno spendendo, se fossero impegnati nel risanamento delle reti, garantirebbero una quantità d’acqua straordinaria.
Le sorgenti di Mazzoccolo e Capodacqua sono insostituibili, ogni altra alternativa, ivi compresi i pozzi dell’Acervara (interessati dal cuneo salino proveniente dal mare) e per la cui realizzazione si stanno letteralmente sperperando i fondi concessi per la calamità naturale del 2017 , è assolutamente impraticabile.
A tale specifico proposito, è il caso di segnalare i i lavori scientifici condotti dall’Università degli Studi di Roma che dimostrano inequivocalbimente come quell’acqua non può essere una riserva strategica alternativa alle acque di Mazzoccolo, neanche in via momentanea in caso di torbidità.
Continuare a reperire acqua per immetterle in reti ammalorate che disperdono più del 70% del carico, significa continuare a disperdere risorse finanziarie, vessare gli utenti (spese enormi per energia elettrica), gestire nel peggiore dei modi un servizio essenziale per la vita delle comunità locali.
Le considerazioni contenute in questo documento scaturiscono dai dati e dagli studi condotti sull’acquifero di Mazzoccolo dalla prima decade del 1900, fino agli anni ’90, ivi compresi quelli commissionati dal Comune di Formia, Cassa per il Mezzogiorno, Società SAPTI (progettazione Pedemontana).
Associazione Comunità del Lazio Meridionale e delle Isole Pontine (Via San Lorenzo 10 – Formia)
Francesco Di Maio
Associazione Cittadini per la Tutela dei Beni Comuni di Formia
Coordinamento Acqua Sudpontino