Incontro con Giuseppe Gianni, in arte Pino Gianni, classe 1943, che è nato e ha sempre vissuto a Castellone, nel cuore storico di Formia; si sottopone volentieri a una serie di domande. Maestro ci racconti la sua vita, dove ha appreso la sua attività artigianale? “Ho imparato tutto da mio padre, che faceva il bidello alla Scuola di Avviamento Industriale e lì mi sono formato, oltre a due anni che ho frequentato alla Scuola Tecnico-Industriale.
Da giovanissimo ho iniziato a lavorare presso l’officina del napoletano Mosè Tartaglione, vicino la Torre di Mola, poi ho lavorato come meccanico a Gaeta e poi, per diciotto anni, presso l’officina di Tonino Tartaglione detto Meta dove ho concluso la mia attività lavorativa.
Ho fatto anche il corniciaio, ma soprattutto la mia passione è stata la lavorazione del ferro, lavorato anche a mano senza forgia e senza saldare”. Con quali risultati? “Ho partecipato a numerose mostre, con attestati di stima da parte del pubblico e dei critici d’arte. Nella mia casa dall’ingresso ai lampadari è tutto in ferro battuto. Prendo i ferri sopra al tavolo e invento forge diverse”. Da che età lavora? Da quando avevo quindici anni, ero il primo di sei figli e per sei anni abbiamo abitato nella scuola dove lavorava papà”. Quante opere in ferro battuto ha realizzato? È la sua unica passione? “Ho realizzato centinaia di opere in ferro battuto per mostre di artigianato, molte ne ho vendute, altre le ho regalate. A diciotto anni ho fatto anche il cantante e il ballerino con “La Canasta”, una compagnia teatrale di Latina. Si sente di poter suggerire questo lavoro ai giovani di oggi? “È un bel lavoro, molto impegnativo. I giovani di oggi li vedo molto pigri, ma i più motivati possono emergere e avere soddisfazioni morali ed economiche”.