“La Cartas diocesana, sulle orme di Caritas Italiana, intende superare la mentalità di una Caritas assistenzialista- ha dichiarato don Alfredo Micalusi, direttore della Caritas diocesana di Gaeta- l’obiettivo è provare a cambiarla, ripensandola in grado di rendere le persone protagoniste del proprio futuro. La parola-chiave è ‘empowerment'”. “Da alcuni anni stiamo lavorando a diversi progetti – continua don Alfredo– uno di questi è CariTerre, che prova a rendere le persone protagoniste del proprio futuro”.
“CariTerre è un progetto creato per l’inserimento di persone a rischio di emarginazione sociale, che potranno formarsi e acquisire delle competenze spendibili nel mondo del lavoro – spiega Assunta Paone, responsabile amministrativo della Caritas diocesana – si rivolge a uomini e donne, italiani e stranieri con regolare permesso di soggiorno e con un livello sufficiente della conoscenza della lingua italiana, in età lavorativa dai 18 ai 50 anni, con capacità lavorative, appartenenti ad un nucleo familiare bisognoso di supporto economico e sociale. Verranno erogate 4 borse lavoro con retribuzione e 60 corsi di formazione con rimborso spese”.
Chi sono i nuovi indigenti?- Progetti come quello di CariTerre hanno portato l’attenzione ad un fenomeno, se così si può dire, che negli ultimi anni sta prendendo sempre più piede ed è sconosciuto i più: si tratta dei NEET. La parola NEET è l’acronimo inglese per “not (engaged) in education, employment or training”, in italiano indica persone, per lo più ragazzi, non impegnati nello studio, né nel lavoro né nella formazione.
I numeri non sono precisi, ma un’idea di quanti siano c’è: 13 milioni e mezzo in Europa, un quarto dei giovani di questa fascia d’età solo in Italia, il 26%. Hanno un’età compresa tra 15 e 29 anni, e pagano alla crisi, o all’incapacità del sistema educativo, lo scotto più alto: l’esclusione dal sistema sociale. In Europa sono aumentati dal 10,9% del 2007, al 12,4% del 2014. Dal 16,2% al 26% in Italia. Un primato, quello del nostro Paese, ottenuto con distacco: per essere classificati «very high rate» basta il 17%. La media Ue è del 15%. Solo la Grecia fa peggio di noi: 28%, mentre la Germania è all’8% e la Francia al 13. Solo nel Lazio, siamo mediamente attorno al 21.7% secondo gli ultimi dati Istat aggiornati al 2017. C’è da tener presente però, che la maggior parte della forza lavoro giovanile ad oggi è con contratti a nero, pagati sotto banco e quindi non registrati. Per cui un dato certo non lo si avrà mai.