In venti anni di esperienza universitaria come docente al corso di laurea di scienze sociali all’Università di Cassino e del Lazio Meridionale ho affrontato con i giovani tutte le problematiche legate alle agenzie educative e, tra queste, la comunità dei pari che quando degenera in modo negativo diviene branco. I giovani nella loro comitiva trovano tutte le risposte, ridimensionando il ruolo dei genitori, dei fratelli, dei nonni. È il giudizio dei compagni ad essere fondamentale per il proprio equilibrio psico-fisico. Per ottenere l’apprezzamento e la considerazione dei componenti della comunità dei pari alla quale si appartiene si è disposto a fare qualunque cosa e a vincere anche i propri freni inibitori.
Nel mese di febbraio nel Golfo di Gaeta si sono registrate a Scauri, a Castelforte, a Gaeta, a Fondi – oltre a quella con esito drammatico a Formia – varie risse che hanno reso necessario l’intervento – a seconda dei casi – di Carabinieri e Polizia di Stato. Il 14 febbraio – giorno di San Valentino – a Scauri ben sei giovani tra i 19 e i 20 anni tutti di Gaeta si affrontano con durezza sino all’arrivo della Benemerita. Il 20 febbraio a Castelforte al di fuori di un ristorante si affrontano 4 trentenni originari di Castelforte, Santi Cosma e Damiano e Caserta dandosene di santa ragione, a tal punto da sfondare le vetrate di ingresso del locale. Sul lungomare di Serapo a Gaeta 18 giovani tra i 15 e i 25 anni originari di Gaeta, Fondi e Formia si affrontano in una mega rissa sino a una fuga generale quando sopraggiungono le “nostre” forze dell’ordine.
E ancora a Fondi un trentenne di Gaeta con un pugno micidiale frantuma il setto nasale a un quarantenne del luogo. Con queste premesse possiamo meravigliarci di quanto è accaduto a Formia tra due comitive di minorenni, una locale e l’altra proveniente dalla Terra di Lavoro? La Magistratura del Tribunale dei Minorenni di Roma e il Commissariato di Polizia di Formia stanno facendo il loro dovere sino in fondo in merito alle indagini sulla morte del diciasettenne formiano Romeo Bondanese, ucciso in seguito ad una coltellata fatale all’arteria femorale nel corso di una violenta rissa scoppiata per futili motivi. L’opinione pubblica non è disponibile ad attendere i tempi delle perizie tossiche, delle indagini della polizia, degli interrogatori degli indagati da parte della magistratura, delle ricerche in mare del coltello da parte dei sub della Guardia Costiera, vuole una sentenza esemplare per il sedicenne di Casapulla indagato per omicidio preterintenzionale (troppo poco secondo la parte offesa).
Ma ora non è il caso di perdersi in un rimbalzare di responsabilità. I dati incontrovertibili mentre la magistratura lavora sono tre: i coltelli di qualunque dimensione non vanno portati con sé ma lasciati a casa per altre più nobili funzioni, un minorenne ha perso la vita e il diritto di realizzare da adulto le sue aspirazioni, un altro minorenne è marchiato a fuoco come responsabile di un omicidio, qualunque sia la tipologia del reato il suo futuro è compromesso per sempre. E infine i genitori e i nonni di Romeo vivranno il resto della loro vita con il dolore lacerante di coloro che sopravvivono a un figlio o nipote che sia. Questo Magazine intende lanciare una proposta per un messaggio significativo: tingere di bianco la panchina dove è tutto avvenuto e porre una targhetta dedicandola allo sfortunato diciasettenne. Nessuno vuole o può dimenticare questo ragazzo che potrebbe essere stato un nostro figlio.