Circolano molti fake-news in merito al contagio Covid-19 e, quindi, riteniamo cosa giusta fornire ai nostri lettori quindici chiarimenti alle persone fragili dell’Istituto Superiore di Sanità resi pubblici dal Ministero della Salute. I testi sono integrali e, pertanto, totalmente affidabili. Buona lettura.
Indicazioni per patologie specifiche
- Quali servizi sono a disposizione per le persone fragili?
Sul territorio sono disponibili: Il servizio di consegna dei farmaci a domicilio: può contattare il numero verde 800 06 55 10 (attivo h24, 7 giorni su 7), che a sua volta contatta il comitato della Croce rossa più vicino. I volontari, riconoscibili in uniforme, ritirano la ricetta presso lo studio medico o acquisiscono il numero NRE e il codice fiscale del destinatario e si recano in farmacia. I medicinali vengono poi consegnati in busta chiusa all’utente, che provvede a corrispondere l’eventuale costo del medicinale anticipato al farmacista dai volontari. Il servizio è completamente gratuito. Attraverso la consegna a domicilio è inoltre possibile richiedere lo scontrino fiscale da utilizzare per le detrazioni fiscali. Il servizio di spesa a domicilio: a favore degli anziani soli e delle persone immunodepresse. È sufficiente anche in questo caso contattare il numero verde 800 06 55 10. Gli operatori rispondono anche per informazioni sui comportamenti corretti da rispettare e l’iter da seguire in caso di contatto stretto con soggetti positivi. Le richieste prevedono l’intervento dei medici per una prima assistenza telefonica e per l’attivazione delle strutture ospedaliere. È disponibile un servizio di supporto psicologico per affrontare le emozioni durante il momento difficile di questa emergenza.
- Cosa è stato fatto per le persone con malattie renali?
La Fondazione italiana del rene (Fir), in collaborazione con la Società italiana di nefrologia (Sin) e il patrocinio del Centro nazionale trapianti, ha attivato il numero verde 800 822 515, per rispondere alle domande e ai dubbi dei pazienti nefropatici sull’emergenza coronavirus (come devono proteggersi e cosa fare in presenza di sintomi sospetti).
- Quali sono i consigli per le persone con neoplasie?
Ai pazienti oncologici si raccomanda: evitare, ove possibile, luoghi affollati; indossare la mascherina (di comune uso, quali quelle chirurgiche) fuori dal domicilio, in particolare quando si rendano necessarie visite in ospedale per visite, esami e/o trattamenti; eseguire un’accurata e frequente igiene delle mani; evitare le visite al proprio domicilio da parte di familiari o amici con sintomi respiratori e/o provenienti da aree a rischio; in ambito lavorativo si suggerisce di mantenere una distanza di almeno un metro (meglio anche due) dai colleghi che presentino sintomi respiratori, invitandoli ad indossare una mascherina.
- Le persone con HIV (PLWHIV) sono più a rischio di contrarre l’infezione da SARS-CoV-2?
Ad oggi non ci sono sufficienti dati per affermare che una persona con HIV presenti un maggior rischio di contrarre l’infezione da nuovo coronavirus.
- Le persone con Hiv sono più a rischio di sviluppare la COVID-19?
Le persone con HIV in trattamento antiretrovirale efficace, con un numero di CD4 maggiore di 500 e con viremia controllata, per i dati oggi a disposizione, non hanno un rischio di peggior decorso rispetto a una persona HIV-negativa. Però, come per la popolazione generale, hanno maggiori probabilità di sviluppare forme gravi di malattia, le persone anziane e quelle con patologie sottostanti, quali ipertensione, problemi cardiaci o diabete e i pazienti immunodepressi (per patologia congenita o acquisita o in trattamento con farmaci immunosoppressori, trapiantati).
Sono da considerarsi immunodepresse e quindi teoricamente potrebbero essere più esposte a complicanze e ad un decorso più severo di COVID-19, le persone con HIV con un numero di CD4 minore di 500, indipendentemente dal trattamento antiretrovirale, anche se al momento non ci sono casi che lo confermino. A queste persone si applica in modo particolarmente stringente l’indicazione di rimanere in casa.
- I farmaci antiretrovirali assunti dalle persone con HIV possono proteggere dal SARS – CoV-2 e impedire che si sviluppi la malattia COVID-19?
Al momento non esistono evidenze che gli antiretrovirali utilizzati nella terapia di COVID-19 (inibitori delle proteasi) possano fornire protezione efficace contro il contagio da SARS-Cov-2 nelle persone che li assumono per l’infezione da HIV.
- Le persone con HIV quali comportamenti devono adottare?
Non ci sono indicazioni specifiche per le persone con HIV, occorre attenersi alle misure igienico sanitarie indicate dal Ministero della Salute e alla indicazione di rimanere il più possibile in casa e uscire solo in caso di comprovata necessità. Ciò si applica con maggior forza alle persone con HIV immunodepresse (CD4<500).
- Le persone con HIV si possono recare presso i centri clinici per visite programmate, prelievi o per ritirare i farmaci?
I centri di Malattie Infettive, che generalmente curano le persone con HIV, oggi sono in prima linea nel fronteggiare la pandemia. Per questo molti centri hanno modificato la loro operatività e adottato procedure locali per l’assistenza ordinaria, la consegna dei farmaci antiretrovirali, i prelievi e la gestione delle urgenze delle persone con HIV. Verificate con il vostro medico/centro come comportarvi. Per tutto ciò che non riveste carattere di urgenza, molti centri hanno provveduto a posticipare gli appuntamenti. Le modifiche delle normali procedure sono state adottate al fine di ridurre l’afflusso di persone presso gli ospedali, come da indicazioni di sanità pubblica diramate a tutta la popolazione. Naturalmente, se avete concordato la necessità di recarvi al centro clinico, ricordate di portare con voi l’autocertificazione necessaria per ogni spostamento. Informazioni più specifiche su alcuni centri italiani.
- A chi rivolgersi in caso di sintomatologia riferita a una possibile malattia COVID-19?
Le persone con HIV in caso di sintomatologia sospetta da COVID-19 devono rivolgersi telefonicamente al proprio medico di medicina generale o ai numeri di pubblica utilità messi in campo dalle Regioni per ottenere consulenza specifica sulle procedure da seguire.
- Le persone immunodepresse sono più a rischio di contrarre l’infezione da COVID-19?
Sì, i soggetti affetti da immunodeficienze (congenite o secondarie, riceventi un trapianto di organo solido o cellule staminali emopoietiche, affetti da malattie autoimmuni in trattamento con farmaci ad azione immuno-soppressiva), così come quelli affetti da patologie oncologiche o onco-ematologiche, sono soggetti particolarmente a rischio in caso d’infezione da virus respiratori, sia per quanto riguarda la morbilità (sviluppo di quadri d’infezione gravi, inclusi polmonite e rischio di insufficienza respiratoria) che la mortalità.
- Quali sono le raccomandazioni per le persone immunodepresse?
Le raccomandazioni elencate di seguito vanno considerate per le seguenti classi di pazienti: a) Pazienti sottoposti a trapianto di organo solido o a trapianto di cellule staminali emopoietiche (TCSE); b) Pazienti con immunodeficienza primitiva (compresi immunodeficienza comune variabile, CVID); c) Pazienti con infezione connatale o acquisita da HIV; d) Pazienti che per qualsiasi condizione (es. patologie autoimmuni o, più in generale, immunomediate) stiano assumendo cronicamente trattamenti immunosoppressivi (es. farmaci inibitori della calcineurina, micofenolato, azatioprina, ciclofosfamide, methotrexate, steroidi a dose ≥1 mg/Kg, modificatori della risposta biologica come anticorpi monoclonali inducenti alterazioni di numero e funzione delle cellule dell’immunità innata o adattiva).
Raccomandazioni di carattere generale:
Evitare la presenza-frequenza in luoghi affollati; Indossare la mascherina (di comune uso, quali quelle chirurgiche) fuori dal domicilio, in particolare quando si rendano necessarie visite in ospedale per visite, esami e/o trattamenti; Eseguire un’accurata e frequente igiene delle mani (si vedano anche le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sul lavaggio delle mani); Evitare di toccarsi con le mani il viso, gli occhi, il naso e la bocca; Evitare le visite al proprio domicilio da parte di familiari o amici con sintomi respiratori e/o provenienti da aree a rischio; Contattare il medico curante non appena compaiono sintomi riconducibili a infezioni delle vie respiratorie (febbre, tosse, rinite); Attivare, ogni qualvolta possibile, visite in telemedicina per evitare il più possibile, salvo necessità cliniche e/o terapeutiche, gli accessi ai pronto soccorso degli ospedali; Non sospendere la terapia immunosoppressiva in atto, salvo diversa indicazione formulata da parte del medico curante; Monitorare i livelli sierici d’immunoglobuline e praticare terapia sostitutiva in caso di valori di lgG ridotti rispetto ai range di normalità; Al fine di evitare contagi in ambito lavorativo si raccomanda di attivare quanto più possibile procedure di smart working e di evitare assolutamente attività lavorative in ambienti affollati; In caso di situazioni per le quali è, imprescindibilmente, necessario partecipare di persona a incontri di lavoro mantenere una distanza di almeno un metro (meglio due) dai colleghi, invitandoli a indossare una mascherina e a eseguire le corrette norme igieniche prima del contatto, compresa la sanificazione degli ambienti.
Dal punto di vista organizzativo/logistico:
Si raccomanda fortemente alle strutture sanitarie presenti nel Paese di identificare e istituire percorsi e spazi (es. sale di attesa) dedicati ai pazienti in oggetto e preordinare gli accessi attraverso contatto telefonico e prenotazioni. Si raccomanda a tutto il personale sanitario adibito alla cura di questi pazienti d’indossare gli appositi dispositivi di protezione individuale (DPI) (es. mascherine chirurgiche o quelle specificamente indicate per procedure speciali). Si raccomanda di posticipare, laddove possibile e in accordo con gli specialisti del settore che hanno in carico il paziente, i controlli di follow-up per i pazienti: sottoposti a TCSE da più di 1 anno in assenza di complicanze, con HIV in trattamento e conta CD4+>500/mcl e, più in generale, per tutti i pazienti con stabilità del quadro clinico da >6 mesi, in modo da limitare al massimo la frequentazione delle strutture sanitarie (sia per limitare il rischio di esposizione a SARS-CoV-2, sia per ridurre la mole di lavoro di strutture già in parte sovraccariche).
Dal punto di vista terapeutico:
Considerare precocemente, per i pazienti sintomatici, l’utilizzo di farmaci antivirali in studio (es. lopinavir/ritonavir; remdesivir).
Pur ribadendo l’incertezza attualmente esistente del beneficio clinico derivante da questo approccio, nei pazienti con deficit dell’immunità umorale che sviluppino un quadro di COVID-19 si può prendere in considerazione (ottimalmente nell’ambito di triaI clinici autorizzati) la possibilità di procedere all’infusione di plasma di soggetti convalescenti che abbiano superato l’infezione da SARS-CoV-2. Ovviamente, il soggetto donatore dovrà compiutamente rispondere ai requisiti previsti dalla normativa vigente per la donazione di emocomponenti.
Categorie speciali:
Particolari precauzioni devono inoltre essere considerate per i pazienti con malattie neuromuscolari immunodepressi: recenti evidenze documentano il potenziale neuro-invasivo del SARS-CoV-2, che potrebbe peggiorare i sintomi pre-esistenti.
È, inoltre, noto che, alcuni farmaci (quali la clorochina) sono proibiti in pazienti affetti da alcune malattie neuromuscolari (es. miastenia gravis). Per ulteriori informazioni consulta la Circolare del Ministero della Salute “Raccomandazioni per la gestione dei pazienti immunodepressi residenti nel nostro Paese in corso di emergenza da COVID-19” pubblicata il 27 marzo 2020:
- I fumatori e i consumatori di tabacco sono più a rischio di infezione da COVID-19?
È probabile che i fumatori siano più vulnerabili al virus SARS-CoV-2 in quanto l’atto del fumo fa sì che le dita (ed eventualmente le sigarette contaminate) siano a contatto con le labbra, il che aumenta la possibilità di trasmissione del virus dalla mano alla bocca. I fumatori possono anche avere già una malattia polmonare sottostante o una ridotta capacità polmonare che aumenterebbe notevolmente il rischio di sviluppare forme di malattia gravi, come la polmonite.
- Le persone che soffrono di allergia ai pollini o di allergie in generale hanno un rischio maggiore di sviluppare una forma grave di COVID-19?
Un’ampia percentuale della popolazione (fino al 15-20%) riferisce sintomi stagionali legati ai pollini, i più comuni dei quali includono congiuntivite, congestione nasale, naso che cola ed a volte starnuti ed eruzioni cutanee. Tutti questi sintomi sono solitamente indicati come raffreddore da fieno, allergia al polline o più appropriatamente rinite allergica. La rinite allergica è comunemente associata all’asma allergica sia nei bambini che negli adulti. Le forme allergiche più lievi, tra cui anche l’asma allergica lieve, non sono state identificate come uno dei principali fattori di rischio per l’infezione da SARS-CoV-2 o per un esito più sfavorevole negli studi finora disponibili. L’asma da moderata a grave, invece, in cui i pazienti hanno bisogno di cure giornaliere, è inclusa nelle condizioni polmonari croniche che predispongono a malattie gravi.
- Cosa deve fare chi soffre di allergia ed in particolare di asma allergica in questo periodo dell’anno?
I bambini e gli adulti che assumono farmaci di mantenimento per l’asma (ad es. inibitori leucotrienici, corticosteroidi e/o broncodilatatori per via inalatoria) devono continuare il trattamento come prescritto dal medico e non devono interrompere il trattamento a causa del timore di COVID-19. Se sviluppano sintomi compatibili con COVID-19 (come febbre, tosse, mal di gola) dovranno auto-isolarsi, informare il medico e monitorare la loro salute come tutti gli altri. Se si sviluppa una progressiva difficoltà respiratoria, devono richiedere una pronta assistenza medica.
- Le persone che soffrono di allergia al polline devono auto-isolarsi se sviluppano i sintomi tipici della rinite allergica?
No, non c’è ragione per le persone che soffrono di allergia ai pollini di auto-isolarsi se sviluppano i sintomi tipici della rinite allergica (congiuntivite, congestione nasale, naso che cola, starnuti). Dovrebbero continuare a seguire le indicazioni generali di distanziamento sociale e consultare un medico se i sintomi peggiorano o se sviluppano febbre o difficoltà respiratorie progressive.