Gli asintomatici, fin dall’inizio della pandemia di coronavirus, hanno sempre assunto un ruolo cruciale nel diffondersi della malattia poiché non sono soggetti a isolamento e trasportano inconsapevolmente il virus. Per questo, nuovi studi hanno cercato di fare chiarezza e fornire delle risposte alle domande: quanti sono? Qual è la loro carica virale? Come individuarli? A fare chiarezza, come riporta Ansa, ci hanno pensato uno studio svizzero ed uno coreano. Secondo i ricercatori svizzeri, in un lavoro pubblicato sulla rivista PLOS Medicine, la quota di asintomatici in circolazione potrebbe essere inferiore a quanto ritenuto finora e non superare il 20% dei casi.
Il loro studio si basa su una revisione di 79 ricerche già pubblicate sulla Covid-19 per un totale di 6.616 persone coinvolte, delle quali 1.287 sono state definite asintomatiche. Così, è emerso che i veri asintomatici ammontano al 20% delle persone positive al virus, e quindi sono una quota minoritaria rispetto a quanto ritenuto finora. Secondo i ricercatori coreani di Seul anche se gli asintomatici potrebbero costituire solo il 20% del totale degli infetti, il loro contributo alla trasmissione del virus è tangibile: la carica virale contenuta nel naso e nel torace, infatti, è la stessa di una persona con sintomi classici. A rivelarlo è uno studio condotto da Joon Seo Lim, del Clinical Research Center, Asan Institute for Life Sciences, Asan Medical Center, a Seul pubblicato sulla rivista Thorax.
La ricerca è stata effettuata su un gruppo di 213 persone positive al virus: di questi, a sei giorni dal primo tampone, è rimasto asintomatico quasi il 20% (41). Il tampone è stato anche ripetuto al tredicesimo giorno e si è visto che tutti i positivi, anche in assenza di sintomi, avevano una carica virale comparabile. Osservano gli autori della ricerca: “Considerando che la maggior parte degli individui asintomatici con infezione da SARS-CoV-2 è probabile non venga intercettata e continui quindi a fare la vita di sempre (sfugge insomma all’isolamento), questi individui potrebbero avere un ruolo essenziale nella trasmissione del virus responsabile della Covid-19 e quindi nel perdurare della pandemia”. Roberto Cauda, direttore della UOC di Malattie Infettive del Policlinico Gemelli IRCCS di Roma e ordinario di Malattie Infettive all’Università Cattolica, suggerisce: “Per individuare in tempo i positivi, bisognerebbe avvalersi di tutti i test disponibili – anche quelli rapidi – e cercare di aumentare il volume dei test diagnostici”.