La storia dell’arte, ha da sempre cercato di raccontare affascinanti storie di artisti e capolavori ai più meno noti rispetto a quanto la storiografia ufficiale ci ha fatto conoscere. Molte piccole realtà della nostra penisola conservano tesori di notevole prestigio, come il dipinto su tavola realizzato da un anonimo artista, probabilmente un allievo di Andrea da Salerno, raffigurante un “San Michele che scaccia gli angeli ribelli“, oggi conservato nella controfacciata della già cattedrale di San Pietro a Minturno, piccolo scrigno di tesori che si affaccia sul mare del golfo di Gaeta.
In tale dipinto qui preso in esame, assistiamo all’episodio dell’apocalisse in cui l’evangelista Giovanni dice le seguenti parole “Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro, il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo. Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli” (Apocalisse: 12,7-9).
Lo scoppio della guerra di cui ci parla San Giovanni, è qui raffigurato dal gesto di Dio che indica l’arcangelo Michele come per ordinare ad esso di attaccare Lucifero e i suoi seguaci. A sua volta, l’arcangelo indica Dio e le loro mani che si indicano reciprocamente, richiamano alla mente le mani di Dio e di Adamo nell’affresco raffigurante la “Creazione di Adamo” eseguito da Michelangelo Buonarroti tra il 1508 e il 1512 nella volta della cappella Sistina, in Vaticano.
La tavola qui presa in esame, è stata datata al XVI sec., in correlazione temporale con un’altra importante opera, probabilmente dello stesso autore, una “Ultima Cena” oggi sotto restauro, anch’essa presente nella già cattedrale di San Pietro a Minturno, nella cappella del Santissimo Sacramento. L’accostamento delle due opere allo stesso autore è dato dal fatto che, anche nell’Ultima Cena della cattedrale di San Pietro, compare Dio, il quale, come un regista vero e proprio, indica al Cristo di identificare il traditore e di istituire l’Eucarestia.
Il “San Michele che scaccia gli angeli ribelli” minturnese si presenta come un vero e proprio preludio alla pittura manierista italiana, omaggiando allo stesso tempo iconografie del passato e di grandi nomi dell’arte italiana come Michelangelo e i nudi della cappella Sistina.
Oggi, questo dipinto è quasi totalmente invisibile a causa dell’incuria del tempo e dell’assenza di una adeguata illuminazione degna di un capolavoro di tale genere. Ma nel 1657 accadrà qualcosa di particolare, che ancora oggi rende giustizia a questo splendido dipinto su tavola. Il successo di questo “San Michele” minturnese fu tale a tal punto da essere probabilmente ammirato dal grande Luca Giordano, il quale nel 1657 ne riprodurrà la composizione attraverso il suo personalissimo stile, nella sua omonima tela conservata a Napoli nella chiesa dell’ascensione a Chiaia.
Con il “San Michele scaccia gli angeli ribelli” della già cattedrale di San Pietro di Minturno, siamo davanti ad una interessantissima opera d’arte che si pone da un lato come un omaggio straordinario alla maniera michelangiolesca, permettendo l’ingresso di grandi innovazioni pittoriche apportate dal Buonarroti nel basso Lazio pontino.
Marco Tedesco