Sperlonga ci viene incontro con i suoi dolia – Quando si va da Gaeta verso Sperlonga, poco prima della Grotta di Tiberio, si vedono sulla destra dei vasi di grandi dimensioni e al di sotto di questi un muro antico. Nella piacevole conversazione con l’archeologa Marisa De Spagnolis si è parlato anche di questi vasi che sono per l’esattezza dei dolia, grandi contenitori che i romani utilizzavano per conservare e trasportare o vino o cereali perché molto resistenti e mantenevano fresco il contenuto. Il dolium dei Romani, corrispondente al πίϑος dei Greci, era usato quindi per contenere derrate alimentari di liquidi (vino, olio, ecc.) o anche di aridi (grano, legumi) da trasportare e poi conservare nei magazzini. La forma del πίϑος è prevalentemente quella di un tronco di cono rovescio, con larga bocca; quella del dolio invece è globulare, con base abbastanza ampia. L’altezza era compresa fra 1,50 e 1,60 metri e larghezza superiore a 1,50 metri nel punto di massima espansione.
Sperlonga ci viene incontro con i suoi dolia – La sua capacità massima era di circa 2000 litri; sull’orlo della bocca era spesso segnata in cifre la sua capacità. I dolia erano molto costosi e ciò lascia intuire che appartenevano ad una famiglia agiata. Spiega la De Spagnolis: “Abbiamo deciso di lasciarli dove sono posizionati per farli ammirare da tutti i turisti, tanto sono cementati e nessuno può portarli via, certo non è il loro luogo originario. Queste doliae sono emerse da uno scavo fatto dal professore Gullini nel 1955, la villa di Tiberio ancora non era stata scoperta, lo sarà nel 1957. L’ingegnere Bellante stava costruendo la Via Flacca, quando si accorse che c’era qualcosa che emergeva e allora inviò i suoi operai a scavare, ed emersero anche dei marmi preziosissimi, legati sempre al mito di Odisseo, Ulisse. Questi marmi, il sovrintendente dell’epoca, voleva trasportarli a Roma, ma ci fu una rivolta degli sperlongani capeggiati dal sindaco dell’epoca e così i marmi rimasero a Sperlonga.
Sperlonga ci viene incontro con i suoi dolia – Sotto i doliae, il muro che si vede, è sicuramente una parete di una villa di una persona importante, in particolare la parte rustica. Questa villa, probabilmente era di proprietà della madre di Tiberio, Livia, il cui padre era un politico di Fondi che aveva un allevamento di pavoni. Livia era considerata la donna più bella di Roma, infatti fece innamorare Augusto e rimasero insieme per cinquant’anni. Tiberio, poi, allargò la villa e organizzò il ninfeo, dove raccolse le statue relative al mito di Ulisse e allestì la grotta dove mangiava con i suoi più stretti collaboratori fino al 26 d.c. quando spaventato dal fatto che era caduta un pezzo di roccia, si trasferì sull’isola di Capri”. Sperlonga è uno scrigno prezioso sempre da ammirare e custodire gelosamente.