Continua una fattiva collaborazione con Don Antonio Cairo, direttore diocesano per l’ecumenismo, il dialogo interreligioso e i nuovi culti, nonché parroco di Scauri della Chiesa di Sant’Albina V.M.. E’ un concreto contributo per tutti coloro che amano seguire il calendario liturgico con il contributo di uno stimato teologo. “Carissimi, l’8 dicembre è il giorno di Maria, la piccola fanciulla di Nazareth, da tutti amata e venerata come Madre del Signore e della Chiesa.
Di lei ha scritto S. Alfonso Maria de’ Liguori: “Convenne al Figlio di preservare Maria dalla colpa come sua madre. A tutti gli altri figli non si concede di potersi scegliere la madre secondo il loro piacere. … Se dunque il solo Figlio di Dio potè eleggersi la madre conforme che gli piaceva, ben deve tenersi per certo che se la scegliesse qual conveniva ad un Dio”.
Le comunità cristiani orientali, profondamente convinte della purezza verginale di Maria fin dal suo concepimento, alla luce del Vangelo di Luca (1,26-38) proclamato oggi nella Messa, già dai secoli VII – VIII, nove mesi prima della festa della sua Natività, commemorata l’8 settembre, celebravano una festa della sua“Concezione”.
Convinto di questa verità era anche San Nilo, monaco basiliano, nato a Rossano nel 910, morto a Grottaferrata il 25 settembre 1004 e vissuto a Serapo di Gaeta con una comunità di sessanta monaci, dal 994 al 1004.
In un inno scritto in onore di San Benedetto, egli si rivolge alla Madre di Dio con parole ispirate al titolo di una chiesa di Costantinopoli, costruita nel IX secolo dall’imperatore Basilio I con il nome greco di Theotòkos Panàchrantos, cioè “Madre di Dio tutta Immacolata”.
Lo stesso titolo di Panàchrantos viene attribuito all’Icona dell’Odigitria, “Colei che indica la strada”, venerata a Gaeta, nel Santuario diocesano di San Nilo, a Grottaferrata, nel monastero da lui fondato, e in molte Chiese del sud Italia.
E’ interessante considerare come la comunità niliana proprio a Gaeta abbia pregato Maria come Immacolata, dinanzi all’icona che oggi si venera a Grottaferrata, precorrendo i tempi della riflessione della Chiesa che ha portato alla proclamazione del dogma dell’Immacolata da parte di Pio IX l’8 dicembre 1854, con la bolla “Ineffabilis Deus”.
E da Gaeta, dopo aver pregato nella cappella d’Oro davanti all’Icona dell’Immacolata dipinta da Scipione Pulzone nel 1550 – 1598, il 2 febbraio 1849 è stata inviata l’Enciclica “Ubi Primum” a tutti i Vescovi del mondo cattolico per chiedere il parere circa la definizione dogmatica.
A buon motivo San Giovanni Paolo II, nella visita pastorale del 25 giugno 1989, dichiarò Gaeta come Città dell’Immacolata, un onore e un privilegio esteso a tutte le Comunità Parrocchiali della nostra Arcidiocesi tanto affezionate alla Madre del Signore.
E noi, in continuità con la tradizione plurisecolare della Chiesa, oggi celebriamo il dono che Dio ha riservato ad una giovane donna di essere santa fin dal momento del suo concepimento, cioè mai coinvolta nel peccato.
Carissimi, è un grande privilegio l’essere senza peccato fin dal concepimento, ma non dimentichiamo che tutta la vita di Maria è stata vissuta nella disponibilità a Dio, crescendo nella convinzione che a Lui nulla è impossibile, che l’ha portata ai piedi della Croce, l’evento che ha schiacciato la testa del serpente profetizzato dall’autore della Genesi (3,9-15.20) dopo il peccato delle origini.
Lei è la “Piena di Grazia”, come l’ha salutata l’arcangelo Gabriele all’annuncio della nascita del Salvatore raccontata dall’evangelista Luca.
Con Lei, come ha scritto l’apostolo Paolo nella lettera agli Efesini (1,3-6.11-12) anche noi stati scelti e amati prima della creazione del mondo per “essere santi e immacolati di fronte a Dio nella carità”.
Come Maria, lasciamo che la Parola si incarni nelle nostre scelte: ci accorgeremo che la nostra esistenza sarà la Porta del Cielo attraverso la quale Dio continuerà ad entrare nella vita dell’umanità.
RIFLESSIONI NELLA
SECONDA DOMENICA DI AVVENTO
Carissimi,
oggi nelle nostre assemblèe liturgiche risuona la voce del profeta Isaia (40,1-5.9-11) che annuncia un tempo di consolazione disposto da Dio per il rinnovamento dell’umanità: “Consolate, consolate il mio popolo”
E’ la speranza data al popolo di Israele del ritorno alla sua terra e alle tradizioni religiose e sociali dopo l’esilio Babilonese; ma è anche per noi, oggi, l’invito a lasciarci plasmare dalla Parola di Dio che “parla al cuore” per incoraggiare a vivere questo tempo come la stagione della fiducia e non più della paura.
E’ vero, siamo fragili come fili d’erba e peccatori, ma Dio manifesta nella nostra debolezza la sua capacità di trasformare in pianura il terreno rovinato, in vallata quello ripido.
Egli esce dal suo silenzio dopo il peccato delle origini e, come ha ricondotto Israele nella sua terra, continua a percorrere il deserto della nostra vita per ridonarci la gioia di sentirci “suo gregge”, e fare esperienza della sua misericordia che non esclude nessuno perché “porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri”
Impegniamoci con il salmista ad ascoltare “Che cosa dice Dio, il Signore: egli annuncia la pace per il suo popolo, per i suoi fedeli”: vedremo germogliare la verità nelle nostre relazioni per incontrare, nell’amore dei fratelli l’abbraccio, della giustizia con la pace.
Per questo la seconda Domenica di Avvento è un appuntamento al quale non possiamo mancare perché l’apostolo Pietro, nella sua seconda lettera (3,8-14) vuole incoraggiarci a vivere con gioia questo tempo, con le sue difficoltà e le sue contraddizioni, perchè Dio “non ritarda nel compiere la sua promessa, anche se alcuni parlano di lentezza. Egli invece è magnanimo con noi, perché non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi”.
E’ vero, alle volte viviamo la stanchezza della fede, la monotonia ci prende e affievolisce l’entusiasmo della testimonianza cristiana.
Ma dobbiamo capire che i giorni che viviamo sono il dono offerto da Dio per accrescere la nostra conversione alla scuola della sua Parola che illumina la nostra mente, riscalda il nostro cuore e ci sprona a guardare con ottimismo ai giorni che verranno.
Ci renderemo conto ciò che appartiene al passato non giova alla vita nuova che è più bella ed interessante della vecchia e, pian piano, lascerà il posto “ai nuovi cieli e alla nuova terra nei quali abita la giustizia”.
L’evangelista Marco (1,1-8) apre il suo Vangelo annunciandoci che quei cieli nuovi e quella terra nuova non sono utopia, ma si sono già compiuti in “Gesù Cristo, Figlio di Dio” che ha fatto conoscere la verità straordinaria che un Dio fatto uomo ha dato inizio alla storia di un nuovo mondo.
Se ci fermassimo un attimo a riflettere, forse, sentiremo di più in noi gli effetti della Risurrezione di Gesù, che motiva la ricerca di uno stile di vita di santità, di buone abitudini e di preghiera che accresce la pace del cuore.
Carissimi, già sono pubblicati gli eventi per l’accoglienza del nuovo anno 2024 dal quale auspichiamo una vita serena e felice.
Giovanni Battista con la sua vita ascetica annuncia che c’è Qualcuno che è più forte, perché è capace di colmare le distanze create dal peccato: Costui può donarci 365 giorni diversi da quelli trascorsi
E’ il Risorto che ogni giorno parlerà al nostro cuore per riproporsi ancora come riferimento fondamentale di ogni nostra scelta futura, affinché la nostra vita sia orientata verso la pienezza dell’eternità .
La sua è una proposta di amicizia che darà un senso nuovo al cammino futuro. Dobbiamo solo assecondarlo e fare ciò che lui ci chiede.”