Sono sempre stato da ragazzo un appassionato lettore di Giovannino Guareschi e della sua serie di racconti su Don Camillo. Ricordo quella dolce frase con la quale inquadrava il luogo delle storie: quel paese lungo il fiume nella bassa padana. Ebbene pressappoco è così da noi: Scauri, quel paese bagnato dal mare, poco distante dal fiume, nella piana del Garigliano. Da noi il protagonista non è il corpulento e burbero Don Camillo ma Don Antonio, che possiede un cuore grande come il prete emiliano. La storia che raccontiamo non è frutto di fantasia ma cronaca di questi giorni. La piazza del paese a Scauri è quella di Santa Albina V.M. che nonostante si chiami ormai in tal modo qualcuno ostinatamente continua a chiamare Piazza Rotelli. Tutte le piazze dove si affacciano le chiese parrocchiali prendono nome dalla dedicazione delle stesse.
È nella piazza della cittadina turistica che tutto si affolla come da migliori tradizioni: l’edicola, i tavolini del bar, le panchine affollate da pensionati che, in tutte le ore del giorno, dissertano di politica, di costume e di vita cittadina. E negli orari non scolastici ragazzini che vanno in bicicletta o giocano a pallone. Ebbene questi ragazzini negli ultimi trenta anni sono stati considerati una presenza molesta da estirpare dalla piazza. Ed ecco la collocazione di vasi sui gradini della chiesa per non farli sedere e una bella fioriera di grandi dimensioni al centro della piazza in modo “da spezzare” il campo di gioco, e ogni tanto una bella sgridata per far capire loro che… è meglio che se ne andassero. Poi il 5 luglio arriva Don Antonio e nel suo messaggio di ingresso, dinanzi all’Arcivescovo che presiedeva Mons. Luigi Vari, si è rivolto a quei ragazzi direttamente per dire loro che sono i benvenuti, che sono amati e graditi e che non li farà giocare anche in chiesa soltanto perché potrebbero… farsi male.
È un terremoto che riporta Scauri all’età dell’oro. Scompaiono i dispetti e gli atti vandalici, la chiesa resta aperta sino a mezzanotte tutti i giorni, Don Antonio a volte esce fuori dal tempio e li invita tutti a consumare qualcosa con lui al bar. Nei giorni scorsi delle signore abitanti nei palazzi circostanti, seguendo le consuetudini degli ultimi decenni, si sono affacciate dai balconi e li hanno invitati sgarbatamente ad andarsene. Ma ora quei ragazzi hanno un “protettore” e corrono da lui a farsi sostenere. Il parroco esce in piazza e le rimprovera: “lasciateli stare, sono dei ragazzini, e poi tra poco vengo anche io a giocare a pallone con loro”. E il clima si rasserena come per incanto. La storia ha un finale dolcissimo: i ragazzi gli lasciano in chiesa un biglietto con su scritto “Don ti vogliamo bene”. E ora un appello al sindaco Gerardo Stefanelli: per favore quella fioriera non gradita la può far spostare dinanzi a qualcuna delle panchine collocate a lato, in tal modo che risistemando quella circolare ora rimossa, perché rotta, i frequentatori della piazza possono finalmente sedersi guardandosi negli occhi. È dura a settanta anni stare per ore in piedi aspettando che qualcuno si alzi. E, nel contempo, Don Antonio può giocare con i ragazzi, che sono i nostri ragazzi, i futuri cittadini di questo stupendo paese. Certamente San Giovanni Bosco dal regno dei cieli starà sorridendo guardando l’impegno di questo sacerdote che non è salesiano ma diocesano, però è veramente fico (parole dei ragazzi).