I passionisti lasciano il Santuario della Madonna della Civita ad Itri – I preti passionisti lasceranno il Santuario della Madonna della Civita il 29 settembre. Come riporta il sito Avvenire.it il motivo di questa scelta è numerico, di età e di salute.

A ITRI COMPARVE LA MADONNA – Articolo correlato di Alfredo Saccoccio

A 13 km. da Itri, è posto il santuario della Madonna della Civita, sulla cima del monte Fusco (673 metri d’altitudine), circondato tutt’intorno dai silenzi montani. Ci si arriva tramite un tronco di strada voluto dal re di Napoli, Ferdinando II, nonché grazie ad una bella mulattiera, di soli sette chilometri.

Il Sacro Luogo, che si erge solenne ed imponente, è uno dei più antichi e celebri santuari d’Italia, sia per il valore spirituale che artistico, su cui si puntano gli sguardi di migliaia e migliaia di visitatori e di pellegrini, che, come anime assetate, accorrono tra le braccia di Maria, su cui convengono altresì centinaia di coppie di sposi per concludere il loro sogno d’amore e decine e decine di pullmans di infermi, con il loro carico di dolore e d’infelicità umana. Le voci “Civita” e “Fusco” sono di chiara derivazione latina, ricordanti l’influenza profonda che esercitava sulla zona il popolo romano.

La Santa Casa, sorta su un luogo dedicato, in epoca romana, al dio Mercurio, è allietata da una chiostra di digradanti colline, verdeggianti di grandiosi olivi dal dorato balenìo, di carrubi, di lecci e di lauri, nella più varia promiscuità, che arricchiscono la bellezza di questo raro lembo di terra laziale, cui fa da maestoso scenario la catena dei monti Aurunci, che chiudono, come in un baluardo di protezione, il fratello minore, il Fusco, benedetto nella gloria della Vergine, che vi pose il suo tabernacolo di tenerezza materna.

Tutt’intorno ubertose campagne, solatìe ed irrigue, con muretti a secco, con qualche cipressetto di toscana memoria, che sottolineava l’amenità d  tutta la contrada, e con prati in fiore, richiamanti alla mente i verdi paesaggi alla Corot. Nel bosco vi  sono tutte le sfumature di colore proprie dei Paesi mediterranei. Dappertutto una lussureggiante vegetazione in selvaggio rigoglio, dai colori prorompenti e dagli straordinari effetti cromatici, che l’occhio non si stanca di scrutare e di ammirare.

E’ tutta  una festa di fiori; è un’orgia di bellezze incomparabili, che la natura ha voluto largire con tanta generosità. Sui belvederi si accendono i colori smaglanti delle frutta. Tra le molteplici varietà di piante, prospera il fiodindia. A primavera, poi, non ci lascia mai l’aroma del rosmarino, della salvia, del mirto e della mentuccia, usata per aromatizzare le vivande. Vi fiorisce anche una sorta di mentastro, chiamato, con antica voce greca, “kallimeria”, con il quale, un tempo, le donne incinte facevano una bevanda propoziatrice dei parti. Tutti questi odori si affondono per l’aria, non ancora contaminata dai danni del mondo moderno.

Questo meraviglioso angolo di natura (pittoresco e suggestivo, un vero incanto), un’autentica oasi di pace, dall’aria balsamica e corroborante, su alcuni versanti offre stupendi profili e magiche aperture sull’armoniosa costiera tirrenica, dal mare placido ed invitante, di un azzurro terso.

Dal balcone naturale, dal quale  si gode uno dei più bei panorami d’Italia, l’occhio spazia sulla sottostante vallata itrana ed abbraccia, in un sol arco, lo scoglio di Gaeta, che appare come una piccola Venezia, dallo svettante campanile del duomo e dal cilindrico mausoleo di Lucio Munazio Planco; la vasta pianura di Fondi, tutta messa a a coltura, con il lago omonimo; l’arditissima cuspide del “Pesco Montano” di Terracina, la volsca “Anxur”; il mitico Circeo; le isole di Ventotene, di Ponza, di Palmarola, di Zannone, di S. Stefano, d’Ischia e di Procida, emergenti come gusci di immami testuggini; il Vesuvio; i monti d’Abruzzo.

Però l’insigne santuario deve la sua rinomanza soprattutto ad un’antichissima immagine della Vergine Maria, dipinta in tela su tavola, di origine bizantina, incastonata nel marmoreo taberbacolo del sontuoso altare maggiore, che è un gioiello d’arte, attribuita dalla tradizione popolare – viva ancora in…clicca qui per continuare a leggere l’articolo.