E’ in distribuzione “La borraccia e altri racconti” un piccolo libretto di appena dodici racconti brevi scritti da Vincenzo Testa, diacono e giornalista. I dodici piccoli racconti hanno il raro pregio della semplicità. Emerge la fluidità di una scrittura coinvolgente e accattivante tipicamente giornalistica.  Qua e là è possibile cogliere frammenti autobiografici oppure trovare dettagli di cronaca o racconti che si alternano tra sogni, desideri, attese e speranze.

Ognuno dei racconti ha il pregio di essere stato scritto per favorire una lettura a più livelli. Il testo, quindi, è adatto anche a piccoli dai 12 anni in su. Il lettore avrà l’opportunità di riflettere su varie tematiche poste al centro dei vari racconti: la memoria e il tempo, il dramma dell’emigrazione e le morti dei bambini sulle spiagge italiane, la civiltà contadina, gli ultimi e gli esclusi, la pace, la malattia grave, i sogni e i desideri, le morti improvvise dei giovani, l’amore, la libertà e la dignità. L’autore ha inteso trasmettere un pensiero più alto dentro un racconto all’apparenza ordinario.

Si offre, in questo modo, la possibilità di penetrare dentro il mondo dell’autore che pur restando nascosto concede la possibilità di essere scoperto e conosciuto. Il testo dei dodici racconti brevi insomma è costruito per offrire al lettore, di età differenti, messaggi semplici ma capaci di evocare riflessioni personali. Una sorta di scrittura a strati leggibile a livelli diversi ma sempre stimolanti per chi desidera approfondire il messaggio “nascosto” dentro un testo davvero essenziale.

Emerge, come scrive la giornalista Graziella di Mambro, anche la corteccia dura e flessibile del “vecchio cronista”, l’arte e la passione della cronaca che coinvolge, stimola e cattura l’attenzione. “Questi racconti –scrive Graziella Di Mambro– sono, al fondo, poesie scritte in prosa, dove un accenno alla cronaca non manca (quasi) mai”. A sottolineare gli aspetti legati alla fede e al ministero del diacono, ma anche l’importanza del “silenzio” nella vita, che caratterizzano la personalità dell’autore rintracciabile trasfigurata nei testi dei racconti ci ha pensato Sandra Cervone, giornalista, ma anche donna di fede, che pone in evidenza alcuni tratti unici di Vincenzo: il “mistero” di una vita che, soprattutto negli ultimi anni, insieme alla sposa, sta proponendo una visione essenziale, gratuita e semplice della vita eremitica ma vissuta dentro questa modernità.

“Solo un preconcetto –dice Vincenzo Testa- ritiene la vita eremitica lontana dalla vita ordinaria”. Lui e la sua sposa, Franca, infatti, da oblati camaldolesi, sono lontani dallo stereotipo dell’eremita che vive isolato sulla montagna. Basti pensare alle “laure” dei camaldolesi o agli eremi francescani e, oggi, alle forme eremitiche molto variegate (esempio gli eremi di città) che incarnano l’essenza di una proposta di vita alternativa a quella mondana. Una proposta, quindi, che pur restando apparentemente ordinaria in realtà non lo è perché nasconde una vocazione del cuore che è declinata con uno stile assolutamente alternativo.

In questi racconti, inoltre, emerge qualcosa di antico e di profondo come il desidero di libertà e di autenticità che l’autore porta nel cuore della sua vita e dentro ogni testo. I racconti brevi di questa raccolta (edizioni deComporre, collana Hermitage), prendono il nome da uno di essi, “La borraccia” che l’autore evidenzia essere “il più breve e il più evocativo”. In esso è presente una disarmante semplicità che, però, lascia intravedere al lettore la possibilità di desiderare di cimentarsi in aspetti più profondi della vita che sono presenti nell’esperienza dell’Uomo contemporaneo. La raccolta si conclude con un commento del Prof. Pasquale Vaudo che sottolinea gli aspetti legati all’amore per la terra aurunca e al Golfo di Gaeta con i suoi profumi e le sue atmosfere che favoriscono la possibilità di riflettere e sognare.

“La borraccia”, quindi, con i suoi dodici piccoli racconti, offre uno spaccato del tempo ordinario e vuole mettere in evidenza quello straordinario che, distratti dai ritmi assurdi che ci sono proposti, non vediamo e che, invece, “la contemplazione e il silenzio possono aiutarci a cogliere”.