La città, grazie all’impegno e all’entusiasmo del sindaco Cosmo Mitrano, accoglie in un caloroso e luminoso abbraccio tutti, visitatori e residenti, per vivere insieme un Natale spettacolare. Gaeta si presenta nel suo fascino invernale e natalizio e invita tutti ad un viaggio ricco di belle emozioni attraverso percorsi che si sviluppano tra sogno e realtà, in cui i luoghi, l’arte e la storia della nostra città sono immersi in una dimensione magica.

 

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Pubblicato da Golfo e Dintorni – Tutto Golfo su Domenica 10 novembre 2019

Incanta quotidianamente visitatori e turisti, presentando i suoi tesori paesaggistici, storici e artistici, avvolti da cornici di luce mozzafiato. Sta riscuotendo particolare successo la Casa di Babbo Natale. Quando si entra nella struttura si resta affascinati, l’ambiente non conquista solo i bambini ma anche gli adulti. Si cammina nel mondo incantato, tra gli orsi bianchi e boschi da fiaba. Si esce più buoni, stimolati ad entrare nel clima natalizio ormai prossimo. Peccato che ormai sia scomparso dall’atmosfera natalizia il vero protagonista: Gesù Bambino. Oggi i bambini sanno che Babbo Natale viene dal Polo Nord, è barbuto e sovrappeso e la notte tra il 24 e il 25 dicembre porta i regali ai piccoli di tutto il mondo viaggiando su una slitta trainata da renne. Ma la storia di questo amato personaggio del folklore è lunga e affascinante quasi come la sua leggenda. Babbo Natale nasce sulle rive del Mar Mediterraneo, si evolve nell’Europa del Nord e assume la sua forma definitiva (Santa Claus) nel Nuovo Mondo, da dove poi si diffonde nuovamente quasi in ogni parte del globo. In principio era san Nicola, un greco nato intorno al 280 d.C. che divenne vescovo di Mira, cittadina romana del sud dell’Asia Minore, l’attuale Turchia. Nicola si guadagnò la reputazione di fiero difensore della fede cristiana in anni di persecuzioni e trascorse molti anni in prigione finché, nel 313, Costantino emanò l’Editto di Milano che autorizzava il culto. L’iconografia ha tramandato diverse sue immagini, ma nessuna somiglia troppo all’omone allegro, sovrappeso e dalla barba bianca che oggi attribuiamo a Babbo Natale.

 

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Pubblicato da Golfo e Dintorni – Tutto Golfo su Domenica 10 novembre 2019

Catherine Wilkinson, un’antropologa forense della University of Manchester, ha cercato di ricostruirne il vero aspetto basandosi sui resti umani conservati nella cripta della Basilica di san Nicola di Bari, dove le presunte reliquie del santo furono portate nel 1087 da un gruppo di marinai e sacerdoti baresi che era andato fino a Myra per impadronirsene. Quando, negli anni Cinquanta del secolo scorso, la cripta fu restaurata, il cranio e le ossa del santo furono accuratamente misurate, fotografate e radiografate. Wilkinson ha esaminato questi dati alla luce delle moderne tecniche dell’antropologia forense, aiutandosi con un software di ricostruzione facciale e aggiungendo dettagli dedotti dalle fattezze delle popolazioni mediterranee dell’epoca. Il risultato – un uomo anziano, dalla pelle olivastra, il naso rotto forse nel corso delle persecuzioni, e barba e capelli grigi – è stato illustrato in un documentario della BBC. Dopo la morte (avvenuta il 6 di dicembre di un anno imprecisato alla metà del IV secolo), la figura del santo divenne popolarissima in tutta la cristianità, grazie anche ai tanti miracoli che gli furono attribuiti. Molte professioni (ad esempio i marinai), città e intere nazioni lo adottarono e ancora lo venerano come loro patrono. Ma perché diventò anche protettore dei bambini e mitico dispensatore di doni? Lo storico Gerry Bowler lo collega a due leggende che si diffusero in Europa intorno al 1200. La prima, e più nota, racconta del giovane vescovo Nicola che salva tre ragazze dalla prostituzione facendo recapitare in segreto tre sacchi d’oro al padre, che così può salvarsi dai debiti e fornire una dote alle figlie. Nella seconda, Nicola entra in una locanda il cui proprietario ha ucciso tre ragazzi, li ha fatti a pezzi e li ha messi sotto sale, servendone la carne agli ignari avventori.

 

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Pubblicato da Golfo e Dintorni – Tutto Golfo su Domenica 10 novembre 2019

Nicola non si limita a scoprire il delitto, ma resuscita anche le vittime: “ecco uno dei motivi che lo resero patrono dei bambini”. Resta da spiegare come questo santo mediterraneo si sia spostato al Polo Nord e sia stato associato al Natale. In realtà per molti secoli il culto di san Nicola – e la tradizione di fare regali ai bambini – si continuò a celebrare il 6 dicembre, come avviene tuttora in diverse zone dell’Italia del Nord e dell’arco alpino, fino in Germania. Col tempo al santo vennero attribuite alcune caratteristiche tipiche di divinità pagane preesistenti, come il romano Saturno o il nordico Odino, anch’essi spesso rappresentati come vecchi dalla barba bianca in grado di volare. San Nicola era anche incaricato di sorvegliare i bambini perché facessero i buoni e dicessero le preghiere. Ma la Riforma protestante, a partire dal Cinquecento, abolì il culto dei santi in gran parte dell’Europa del Nord. “Era un bel problema”, commenta Bowler. “A chi far portare i doni ai bambini?”. In molti casi, risponde lo studioso, il compito fu attribuito a Gesù Bambino, e la data spostata dal 6 dicembre a Natale. “Ma il piccolo Gesù non sembra in grado di portare troppi regali, e soprattutto non può minacciare i bambini cattivi. Così gli fu spesso affiancato un aiutante più forzuto, in grado anche di mettere paura”.

 

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Pubblicato da Golfo e Dintorni – Tutto Golfo su Domenica 10 novembre 2019

Nacquero così nel mondo germanico alcune figure a metà tra il folletto e il demone. Alcune, come i Krampus, servono da aiutanti dello stesso san Nicola; in altre il ricordo del santo sopravvive nel nome, come Ru-klaus (Nicola il Rozzo), Aschenklas (Nicola di cenere) o Pelznickel (Nicola il Peloso). Erano loro a garantire che i bambini facessero i buoni,

Foto con Babbo Natale

minacciando punizioni come frustate o rapimenti. Per quanto possa sembrare strano, anche da questi personaggi nasce la figura dell’allegro vecchietto in slitta. Gli immigrati nordeuropei portarono con sé queste leggende quando fondarono le prime colonie nel Nuovo Mondo. Quelli olandesi, rimasti affezionati a san Nicola, diffusero il suo nome, “Sinterklaas”. Ma nell’America delle origini il Natale era molto diverso da come lo consideriamo oggi. Nel puritano New England era del tutto snobbato, mentre altrove era diventato una specie di festa pagana dedicata soprattutto al massiccio consumo di alcol. “Era così anche in Inghilterra – spiega Bowler – e non c’era nessun magico dispensatore di doni”. Poi, nei primi decenni dell’Ottocento, diversi poeti e scrittori cominciarono a impegnarsi per trasformare il Natale in una festa di famiglia, recuperando anche la leggenda di san Nicola. Già in un libro del 1809, Washington Irving immaginò un Nicola che passava sui tetti con il suo carro volante portando regali ai bambini buoni; poi fu la volta di un libretto anonimo in versi, The Children’s Friend, con la prima vera apparizione di Santa Claus, associato al Natale “ma privato di qualsiasi caratteristica religiosa, e vestito nelle pellicce tipiche dei buffi portatori di doni germanici”, spiega Bowler.

 

Una panoramica della mostra dei presepi

Questo Santa porta doni ma infligge anche punizioni ai bambini cattivi, e il suo carro è trainato da una sola renna. Le renne diventano otto e il carro diventa una slitta nella poesia scritta nel 1822 da Clement Clark Moore per i suoi figli ma diventata subito “virale”. Per molti decenni Santa Claus viene rappresentato con varie fattezze e con vestiti di varie forme e colori. Solo verso la fine del secolo, grazie soprattutto alle illustrazioni di Thomas Nast, grande disegnatore e vignettista politico, si impone la versione “standard”: un adulto

Uno dei due soldatini situati all’esterno della casa di Babbo Natale

corpulento, vestito di rosso con i bordi di pelliccia bianca, che parte dal Polo Nord con la sua slitta trainata da renne e sta attento a come si comportano i bambini. Una volta standardizzata, grazie anche alle pubblicità della Coca-Cola, la figura di Santa Claus torna in Europa in una sorta di migrazione inversa, adottando nomi come Père Noel, Father Christmas o Babbo Natale e sostituendo un po’ ovunque i vecchi portatori di doni. A diffonderla sono anche i soldati americani sbarcati durante la Seconda mondiale, e l’allegro grassone finisce per simboleggiare la generosità degli USA nella ricostruzione dell’Europa occidentale. Naturalmente, c’è anche chi nel Babbo Natale di origine yankee vede nient’altro che il simbolo della deriva consumista del Natale. Altri lo rifiutano o lo snobbano semplicemente in nome della tradizione, come i non pochi italiani ancora affezionati a santa Lucia, alla Befana o al vecchio, originale san Nicola.