Mons. Domenico Battaglia sarà il nuovo Vescovo di Napoli, un prete vicino agli ultimi che in occasione della festività dell’Immacolata aveva scritto una lettera ai suoi fedeli: “Il debole sa che è Dio che sta salvando il mondo. Questo Dio è il Dio della quotidianità di Maria, un Dio che non lascia soli, non abbandona gli ultimi e che chiede di mettersi sui loro passi. […] È la solitudine di questi giorni che ci fa desiderare ancora la vita. Perché condividere il dono della bellezza significa vivere la gratuità dell’amore.
Significa costruire spazi dove si viva la ricchezza dei volti.
E scopri che l’infinito è qui, in quello che rinasce.
Ha i tratti del concreto. Ti chiama. Ti vuole libero. Libero di amare e basta.
Soprattutto ti aspetta. Senza catene. Senza sicurezze. Senza paure. Faccia a faccia con la vita vera”.
La stampa nazionale nella probabile terna proposta al Santo Padre aveva indicato anche il nostro Arcivescovo Mons. Luigi Vari.
Un titolo di merito, di riconoscimento delle sue qualità ma, per fortuna, Don Gigi (come ama farsi chiamare) resta tra di noi – almeno per ora – in attesa di una nuova destinazione, certamente di prestigio e di maggior onere.
Don Mimmo lo hanno già ribattezzato il Bergoglio del Sud Italia per il suo essere rimasto, anche da vescovo, un autentico prete di strada.
Don Mimmo, come ama farsi chiamare, subentra al cardinale Crescenzio Sepe che per quattordici anni ha guidato l’arcidiocesi partenopea alla quale era approdato, nel 2006, per volontà di Benedetto XVI lasciando il prestigioso incarico nella Curia romana di prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli.
Calabrese, nato a Satriano in provincia di Catanzaro il 20 gennaio 1963, Mons. Battaglia ha 57 anni, la stessa età che aveva un suo predecessore, il Cardinale Michele Giordano, quando San Giovanni Paolo II lo nominò, nel 1987, sulla cattedra di Sant’Aspreno.
Nel 2016 Bergoglio lo scelse come vescovo di Cerreto Sannita -Telese – Sant’Agata de’ Goti in Campania e in quattro anni di episcopato non ha mutato il suo essere un autentico prete vicino agli ultimi, in particolare ai tossicodipendenti a cui ha dedicato gran parte del suo sacerdozio in Calabria.
Una missione vissuta alla scuola di don Mario Picchi che con il suo Progetto uomo è stato un pioniere nel contrasto a ogni tipo di dipendenza.
Lo sguardo di Francesco si è posato su questo prete di strada amico di don Luigi Ciotti e di don Virginio Colmegna.
Un uomo tutt’altro che carrierista, fuori da ogni tipo di cordata, che non ha mai aspirato né all’episcopato, né a guidare la terza diocesi d’Italia. Un profilo che il Papa aveva individuato già sei mesi fa, allo scadere del biennio di proroga concesso al cardinale Sepe e sul quale ha voluto che sia la nunziatura in Italia che le Congregazioni per i vescovi e per la dottrina della fede facessero indagini approfondite. Indagini che hanno convinto Francesco, che conosce personalmente monsignor Battaglia, che fosse lui il pastore giusto per ridare slancio all’arcidiocesi di Napoli. Una missione che il Papa vuole sia realizzata sulla base del suo documento programmatico, l’esortazione apostolica Evangelii gaudium, nel quale afferma: “Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze.
Non voglio una Chiesa preoccupata di E ancora: “Più della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta ‘Voi stessi date loro da mangiare’”.
Parole in perfetta sintonia con lo stile del neo arcivescovo di Napoli al quale Bergoglio, che ha visitato la città due volte, nel 2015 e nel 2019, ha chiesto innanzitutto di ricucire il rapporto di paternità tra il vescovo e i suoi sacerdoti.
Un aspetto sul quale il Papa insiste molto quando incontra i presuli di tutto il mondo. essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti”.
E ancora: “Più della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta ‘Voi stessi date loro da mangiare’”.
Parole in perfetta sintonia con lo stile del neo arcivescovo di Napoli al quale Bergoglio, che ha visitato la città due volte, nel 2015 e nel 2019, ha chiesto innanzitutto di ricucire il rapporto di paternità tra il vescovo e i suoi sacerdoti. Un aspetto sul quale il Papa insiste molto quando incontra i presuli di tutto il mondo.
Monsignor Battaglia ha svolto gli studi filosofico-teologici nel Seminario San Pio X di Catanzaro. Ordinato sacerdote il 6 febbraio 1988, è stato rettore del Seminario liceale di Catanzaro e membro della Commissione diocesana giustizia e pace dal 1989 al 1992, amministratore parrocchiale a Sant’Elia, parroco della Madonna del Carmine a Catanzaro, direttore dell’Ufficio diocesano per la Cooperazione missionaria tra le Chiese, parroco a Satriano dal 1992 al 1999. È stato successivamente collaboratore al Santuario Santa Maria delle Grazie in Torre Ruggero, collaboratore parrocchiale a Montepaone Lido e amministratore parrocchiale della parrocchia Santa Maria di Altavilla a Satriano. Dal 1992 al 2016 è stato presidente del Centro calabrese di solidarietà, struttura legata alle Comunità terapeutiche di don Mario Picchi. Dal 2000 al 2006 è stato vicepresidente della Fondazione Betania di Catanzaro, opera diocesana di assistenza-carità.
Dal 2006 al 2015 ha ricoperto l’incarico di presidente nazionale della Federazione italiana delle comunità terapeutiche. Dal 2008 fino al 2016 è stato canonico della cattedrale di Catanzaro.
Sul suo profilo Whatsapp il giorno della nomina ha scritto: “Sogno una speranza vestita di stracci perché il Signore si serve di vecchie ciabatte per farne calzari di angeli!”.
Il suo motto episcopale è “Confide, surge, vocat te!” (Coraggio, alzati, ti chiama!), titolo della sua prima lettera pastorale alla diocesi di Cerreto.
Un testo che rispecchia totalmente le indicazioni pastorali di Bergoglio.
Ora l’episcopato napoletano in una città in perenne lotta con camorra e disoccupazione e la leadership all’interno della Conferenza episcopale campana con i confratelli vescovi della regione.
Una sfida che inizia in un tempo segnato dalla pandemia e con un tessuto sociale fortemente provato dall’aumento notevole della povertà.
Da qui don Mimmo, come si farà chiamare anche a Napoli, dovrà ripartire per “organizzare la speranza” come invitò a fare San Giovanni Paolo II nella sua storica visita pastorale nel capoluogo campano, nel 1990, la più lunga delle 146 compiute dal Papa polacco in Italia nei suoi ventisette anni di pontificato.
Una sfida nella quale Mons. Battaglia potrà contare sull’appoggio di Papa Francesco.