Gaeta, una piccola città di mare in provincia di Latina, è considerata una piccola città d’arte. Nelle sue chiese e nei suoi musei, si conservano opere d’arte di gran valore, pagine inedite di storia dell’arte italiana del tutto inesplorate. Ne è un esempio la pregevole tela del XVII secolo attribuita a Carlo Saraceni (Venezia, 1579 – Venezia, 1620) Il martirio di Sant’Erasmo, oggi conservata nella controfacciata della Cattedrale di Santa Maria Assunta e dei Santi Erasmo e Marciano di Gaeta. Saraceni, fu avviato all’arte della pittura frequentando dapprima la bottega di Camillo Mariani, pittore, scultore ed architetto vicentino attivo tra Vicenza e Roma, città in cui questo artista morì nel 1611 e successivamente la formazione del Saraceni subì l’influenza del pittore Adam Elsheimer, famoso per aver dato le costanti della pittura paesaggistica, originario di Francoforte sul Meno e attivo a Roma fino al 1610, anno della sua morte.
La pittura di Carlo Saraceni, subì inoltre un’influenza della tarda pittura caravaggesca che, mescolandosi con elementi tipici dell’arte di Mariani, collaboratore di Lorenzo e Agostino Rubini e stilisticamente vicino alle opere di Alessandro Vittoria (Trento, 1525 – Venezia, 1608) e con lo stile pittorico di Elsheimer, condizionato dall’influsso pittorico dei veneti Tiziano, Tintoretto e Paolo Veronese, da vita ad un’interpretazione della rivoluzione artistica di cui Caravaggio fu artefice. Una sintesi di questa nuova interpretazione del Caravaggismo, Carlo Saraceni ce la presenta nel dipinto ad olio su tela del XVII secolo Il martirio di Sant’Erasmo, conservato a Gaeta nella Cattedrale di Santa Maria Assunta e dei Santi Erasmo e Marciano.
Saraceni, coglie il momento in cui la morte per evisceramento sta per avvenire, puntando sulla centralità dell’evento narrato. Il Santo è disteso sofferente per la ferita appena infertagli dal carnefice su delle assi di legno con mani e piedi legati, mentre il boia sta per dare inizio all’esecuzione che, secondo la Passio Sancti Erasmi attribuita a Papa Gelasio, avvenne sotto l’imperatore Diocleziano che qui appare dalla sua residenza davanti alla quale avviene il drammatico evento, raffigurata dal pittore come una residenza architettonica in stile barocco, insieme ad altri personaggi della sua corte, indicando con la mano destra l’accaduto come se avesse appena dato ordine ai carnefici di eseguire la sentenza di morte nei confronti del Santo, il quale si era rifiutato di compiere sacrifici agli dei pagani. Nel soggetto vaticano, l’evento avviene non dinanzi alla residenza di Diocleziano ma dinanzi ad un tempio dedicato ad Ercole, dio al quale il vescovo Erasmo si rifiutò di offrire sacrifici.
Il gesto di Diocleziano, richiama a sua volta il gesto di Erode il Grande nella Strage degli Innocenti affrescata da Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova tra il 1303 e il 1305. Questo aspetto fa presumere che, nel corso della sua formazione veneta, Carlo Saraceni abbia potuto visionare e studiare gli affreschi giotteschi padovani della Cappella degli Scrovegni.
Tale gesto lo si riscontra anche nell’atteggiamento del soldato romano che indica il Santo nel medesimo soggetto conservato nei musei vaticani, eseguito da Nicolas Poussin per la basilica di San Pietro a Roma tra il 1628 e il 1629.
Sullo sfondo del dipinto qui preso in esame, il cielo e la vegetazione, della quale si intravede una conifera in lontananza, ci ricordano, insieme all’aspetto tonale di tutta la composizione, lo stile pittorico di Adam Elsheimer che qui abbraccia le pose dei personaggi che richiamano l’arte statuaria di Camillo Mariani mentre i giochi di luce danno all’intera composizione una impronta caravaggesca che mostra agli occhi dell’osservatore la drammaticità dell’evento narrato da Saraceni. Ai piedi del Santo, Saraceni raffigura i suoi abiti vescovili. Non a caso, Erasmo fu dapprima vescovo di Antiochia e successivamente vescovo di Formia, città limitrofa a Gaeta, in cui avrebbe subito il martirio. In basso, una folla intenta a discorrere tra loro non curante di cui che alle loro spalle sta avvenendo. Questo aspetto accentua quello che era il vero scopo delle persecuzioni, ossia il porre fine al Cristianesimo.
Nel “Martirio di Sant’Erasmo” della controfacciata della cattedrale di Santa Maria Assunta e dei SS. Erasmo e Marciano di Gaeta, Carlo Saraceni propone un linguaggio pittorico che, partendo dalla rivoluzione pittorica caravaggesca mirata ad evidenziare la drammaticità dell’evento, arriva ad omaggiare i grandi nomi della storia dell’arte europea dal XIVo al XVIIo secolo.