Nei giorni scorsi Formia è stata colpita da una bomba d’acqua e da una tormenta che ha allagato alcune piazze, sradicato diversi alberi e portato alla chiusura delle scuole.
Lo stesso è accaduto in decine di altre città, come Matera, Napoli, Altamura, o ai Castelli Romani. Basta cliccare su google “bomba d’acqua” nella sezione notizie per vedere fotografie e video impressionanti. A Settembre era successo lo stesso. E se andiamo a ritroso negli anni, vediamo che eventi simili si stanno ripetendo ormai ciclicamente. Si chiama “cambiamento climatico”, e l’evidenza del suo impatto va dalla siccità che innesta nuovi flussi migratori alla tropicalizzazione del mediterraneo, a cui nessuna città, Formia tra le altre, è preparata.
Che fare quindi? Migliorare la manutenzione, certo. Fare le opere pubbliche come si deve? Certo. Tuttavia, limitarsi a questo, significa guardare il dito e non la Luna.
Ieri la bomba d’acqua non l’avrebbe retta nessun sistema di deflusso delle acque, per una ragione semplice: nessuno ha finora pensato a progettare un’opera pubblica, a impostare un piano triennale o un piano regolatore, con l’idea che a Formia possono arrivare i monsoni, le estati segnano 40 gradi per due mesi e può mancare l’acqua per settimane.
La proposta di mozione che ho presentato a nome dell’assemblea ecologica popolare ha il senso di provare a cambiare il modo di ragionare: pensare globalmente e agire localmente. Bisogna riforestare le colline, aumentare la nostra capacità di monitoraggio dell’inquinamento, investire le nostre risorse sulla vulnerabilità idrogeologica, sulla tutela del mare, sulla mobilità pedonale e ciclabile. Bisogna farlo ora, attraverso interventi radicali, con il coraggio di affrontare un inevitabile conflitto con chi pensa di vivere in un mondo che non c’è più. Le nostre iniziative amministrative devono tutte discendere da una visione di emergenza o sarà sempre peggio nell’immediato futuro.