SIMONE PANGIA, IL VIZIO DELLE COSE PURE – Lo scrittore e giornalista Simone Pangia è nato a Napoli e vive a Formia da metà della sua esistenza. Dal 2017 è responsabile presso il Comune di Formia dei Servizi Sociali e delle biblioteche comunali. Tra i romanzi pubblicati La Salita e il Vizio delle cose pure che nel 2020 ha vinto il premio letterario Nazionale Bukowski. E proprio di quest’ultimo libro parleremo con l’autore che ci spiega da dove nasce, cos’è il vizio delle cose pure e soprattutto come riconoscerle.
Simone da dove nasce l’idea di scrivere questo libro? “Vede, la genesi dei miei romanzi è sempre piuttosto intricata. “Il vizio delle cose pure”, ad esempio, è nato dalle ceneri di un altro libro, una raccolta di racconti che stavo scrivendo e che ho ripreso tempo dopo. Per quanto sposassi l’idea, alcuni aspetti, prevalentemente formali, continuavano a convincermi poco. Ero in un cul de sac, non riuscivo ad andare avanti. Un’amica scrittrice, la compianta Giovanna Grimaldi, quasi per scherzo mi consigliò di sospendere la stesura e di avviare un altro progetto. “Scrivi un giallo – disse – oppure un libro di fantascienza. Qualcosa che ti restituisca il piacere della scrittura.” Non avevo altra scelta, pensai. Così ideai una storia distopica ambientata a Formia in un ipotetico futuro orfano della tecnologia. Sa, sono sempre stato affascinato dalle metanarrazioni, i cosiddetti libri-nei libri. Così, per istinto, la storia iniziò a dialogare con le vicende di due gemelli identici nell’aspetto ma diversi nell’animo che si riscoprono post mortem grazie al potere della parola. Mi resi conto molto presto che la storia di Louis e Ferdinand non aveva alcun bisogno di distopie. Il manoscritto originario di oltre 450 pagine si trasformò in un romanzo di 350 che aveva tutto per vivere di vita propria”.
Simone Pangia, emerge costantemente nel racconto la continua ricerca del protagonista: di sé stesso, della verità, di poter recuperare i rapporti familiari interrotti e delle cose “pure”. Quest’ultime le definisci nell’accezione chimico-fisica propria delle “sostanze inscindibili perché composte da un unico elemento”. Dunque, deduciamo che le cose pure siano le cose essenziali, le cose all’origine delle cose. Quelle stesse cose insite in ogni uomo e che ne distinguono la storia personale, la propria identità. Un invito (per il lettore) ad andare sempre alla ricerca delle cose pure, all’essenza, all’origine che non può essere contaminata. E’ giusta questa accezione di cose “pure”? La verità è che sono attratto dalla filosofia ma “Il vizio delle cose pure” è essenzialmente una storia familiare che ci racconta di come, anche in età avanzata, sia possibile ritrovare il legame con se stessi. Come? Indagando lo strato più intimo del nostro passato. Ricordiamo così poco di ciò che è stata la nostra vita. Siamo convinti che tutto si racchiuda nelle esperienze che stiamo avendo e in quelle che pensiamo di aver vissuto o che forse vivremo. Ma è davvero così? Troppi elementi restano fuori, sepolti, apparentemente sconosciuti. Eppure, sono lì. Spesso determinano ciò che pensiamo e sentiamo anche se non ce ne rendiamo conto. Cercare la purezza vuol dire innanzitutto accettare la possibilità di sanare (mai cancellare) il fisiologico contrasto che esiste tra ciò che siamo e l’aspetto che tendiamo ad assumere per rispondere ai bisogni del mondo. Mi sono chiesto come questa ricerca di unicità e indivisibilità, che nell’accezione chimico-fisica è intimamente connessa al concetto di purezza, possa conciliarsi con la possibilità del tutto naturale di condividere l’origine con un’altra persona. Il protagonista, Ferdinànd, conoscerà “veramente” il fratello gemello Louis, solo 25 anni dopo la sua misteriosa scomparsa. Il viaggio che compie attraverso le cavità più recondite della memoria lo aiuterà a recuperare una traccia autentica del suo passaggio nel mondo e a consegnarla intatta al futuro.”
Come dobbiamo allenarci a riconoscerle (le cose pure) e perché ne dovremmo avere un vizio? “La purezza esiste solo in potenza. La vita invece è fatta di continue contaminazioni. L’esperienza ci cambia, ci forma, ci trasforma in qualcosa di diverso e quel qualcosa, molto spesso, ha a che fare con i bisogni degli altri: la famiglia, lo Stato, la società. Per carità, niente di più fisiologico. Siamo animali sociali, non sopravvivremmo senza l’apporto e il contributo degli altri. Il fatto è che questo naturale desiderio d’essere parte di qualcosa, vissuto acriticamente, si trasforma in omologazione, in una pedissequa ripetizione di modelli del pensiero dominante che nell’immediato ci conforta e alla lunga ci ingabbia. La ricerca della purezza non vuol dire liberarsi dalla morsa della socialità. Non è un inno all’individualismo ma un invito a vivere in comunione con se stessi, presupposto senza cui non riusciremmo a vivere bene con gli altri. La cultura può avere un ruolo determinante in questo percorso. L’esperienza di Ferdinand ci insegna che la riflessione, stimolata dall’arte e in particolar modo dalla lettura, è la bussola che ci orienta in questo viaggio doloroso insegnandoci a scrostare i sedimenti che avvolgono e nascondono l’essenza delle cose. A quel punto, il vizio potrebbe essere non riuscire più a fare a meno della purezza…”
Simone Pangia, il tema del doppio. Due gemelli, due città, due piani narrativi, uno schema binario volutamente composto da elementi contrapposti. Perché questa scelta? “Il circuito binario riprende lo schema dialettico di tesi e antitesi cui segue necessariamente una sintesi. Sulla doppiezza si fonda l’intera architettura del libro. Partendo dallo schema narrativo, con la storia intessuta in un’altra storia, in un percorso parallelo e apparentemente separato che alla fine trova la sua congiunzione. C’è la ricerca di purezza e il vizio, la sua antitesi. La sintesi è la riscoperta delle origini. In letteratura l’opposizione degli elementi genera tensione, narrativa e psicologica, e la tensione produce crepe, invita il lettore a scavare, a vedere quello che c’è sotto. Il protagonista legge un libro e affronta il suo viaggio interiore. Il lettore che legge il mio romanzo spero faccia altrettanto…”.