Il libro di Alfredo Saccoccio su Formia e il Grand Tour – Alfredo Saccoccio, classe 1944, è un autore storico. Nel 1977 ha steso la sua prima guida storico-turistica dedicata a Itri, sua città, seguita dal volume Canti e proverbi del folclore itrano. Lui è tra i principali studiosi della figura del Colonnello Michele Pezza, al secolo Fra’ Diavolo, cui ha dedicato numerose pubblicazioni. Ve ne sono altre tra cui “Napoleone, ai posteri l’ardua sentenza” e “Terracina, porta del Mezzogiorno d’Italia”. Il suo libro “Formia nella descrizione dei viaggiatori del Grand Tour” , offre al lettore una versione inedita e romantica dei nostri luoghi, osservata da celebri artisti, poeti e scrittori che visitarono Formia ammirando la straordinaria bellezza. I commenti raccolti sono stati sapientemente tradotti dallo stesso autore.
Grand Tour – Per capirne l’originalità delle descrizioni inseriamo due passaggi:- “A Mola di Gaeta, l’odierna Formia, l’attenzione dell’introverso scrittore danese, Hans Christian Andersen, fu attirata da una torre colossale ed isolata, completamente ricoperta di caprifoglio e di altre piante rampicanti. Era la cosiddetta “tomba di Cicerone”, dove il celebre oratore arpinate, proscritto, per volere di Antonio, fu ucciso dai sicari di costui, mentre cercava di mettersi in salvo. Cicerone fuggiva dalla sua villa formiana, nascosto nella sua lettiga, quando fu raggiunto dal tribuno Popilio, di cui, nel passato, era stato il patrocinatore, che gli tagliò il capo e le mani. Bella riconoscenza!
Grand Tour – Come scrisse François-René Chateaubriand nel “Viaggio in Italia”, edito nel 1827, “Antonio ricevette al “Forum” la testa e le mani di Cicerone; dette una corona d’oro e una somma di duecentomila libbre all’assassino; non era il prezzo dell’affare: la testa fu inchiodata alla tribuna pubblica in mezzo alle due mani dell’oratore”. H.C. Andersen e gli altri viaggiatori furono condotti dal vetturino alla “villa di Cicerone”, così denominata perché occupava il sito dove era una volta la casa di campagna dell’Arpinate, il migliore albergo della zona, da cui si poteva godere una vista che compete in magnificenza con quella del golfo di Napoli”. “Che impazienza avevo di tornare! continuò.
Grand Tour – Chi non ha conosciuto il paradiso è più felice di colui che vi ha vissuto e ne è stato bandito! La mia patria è bella (…). Ma cos’è la magnificenza terrena in confronto a quella celeste? L’Italia è la terra della poesia! Doppiamente felice è chi ci può far ritorno!”. Il Grand Tour era quell’esperienza vissuta dai giovani aristocratici inglesi fra i 16 e i 22 anni, accompagnati da una figura di riferimento sociale e culturale sin dal XVII° secolo, una tappa fondamentale della propria educazione. Viaggiare, conoscere nuovi luoghi, visitare città di pregevole interesse culturale e artistico era un momento di arricchimento spirituale oltreché sociale necessario alla propria evoluzione che apriva anche a nuovi contatti e nuove conoscenze. Nel XVIII° e XIX° secolo questa tradizione si estese anche ai giovani aristocratici d’Europa e tutt’ora è in essere.
Grand Tour – Londra, Parigi, Vienna, Madrid, Roma, le città di elezione. In Italia, visitare anche Firenze, Milano e Napoli era un lusso esclusivo. Sapere che il territorio di Formia e delle altre cittadine come Itri, Gaeta e Minturno, sulla via per Napoli, fossero menzionate nei diari, negli appunti, nei disegni di tanti personaggi internazionali dimostra come quest’ area geografica fosse vista come un paradiso verso cui tornare. In tempi più recenti, basti pensare al dopoguerra, questi luoghi erano considerati mete esclusive, dal mare cristallino, dalla vegetazione rigogliosa e dalle sabbie dorate. La lettura di questo libro apre ulteriormente alla conoscenza del passato e aggiunge uno stimolo ulteriore al perfezionamento dell’accoglienza turistica ai nostri giorni per invogliare tutti coloro che sono di passaggio a ritornare.