Il tavolo della sala sommerso dai colori pastello come un bambino sorpreso a disegnare sul suo quaderno, disegni e schizzi di volti e paesaggi sparsi per la casa, è questo che colpisce entrando nella vita di Gianni Di Nucci. Da sempre per sua naturale inclinazione e familiare ereditarietà, ha liberato nella pittura la passionalità dei suoi sentimenti: “Sono andato a Ginevra per lavorare come parrucchiere nel 1967- ha raccontato Gianni- e in quel periodo mio fratello si era iscritto ad una scuola d’arte proprio lì. Non ha concluso gli studi e così sono andato io”. In principio al cavalletto hanno preso corpo con tanto amore i luoghi della sua infanzia, le estetiche e manierate ossessioni di quei volti femminili tante volte pettinati: “Inizialmente ogni volta che disegnavo un volto di donna, appariva quello di mia moglie, anche senza volerlo, poi con l’avanzare degli anni è diventato la normalità”.
Dagli elementi e i materiali più umili, pezzi di stoffe, polistirolo, carta, persino gusci di frutti di mare come le cozze, il maestro Di Nucci attraverso l’arte riesce a rendere un oggetto ordinario straordinario, con la sola forza del colore: “Per me non ha importanza il materiale o il tipo di colore- ha dichiarato l’artista- mi basta raggiungere il mio obiettivo: trasferire la mia idea e la mia visione sulla tela”. Costretto da più di un mese nella sua villa di Penitro, dalle ampie finestre che affacciano a strapiombo sul golfo, Gianni Di Nucci si dedica costantemente a quello che per lui è una cosa del tutto naturale, il colore. “La solitudine, come l’amore e l’amicizia, ha spiegato il maestro- rappresentano da sempre il sentimento più intimo, affascinante, che gelosamente si custodisce e costantemente si arricchisce, per me è il momento della dolce quiete, dell’esorcismo dalle paure, delle oniriche evasioni, della esistenziale realizzazione nella pittura”.
“Io non do’ nomi ai miei quadri, non mi piace e non è nel mio stile, io scrivo sempre tentativo d’opera” e tentativo dopo tentativo ha descritto così la sua vita, pennellata dopo pennellata, passando da una forma cubista di nudi femminili e madonne, a paesaggi nostrani più romantici e un po’ nostalgici. Ed è a questo punto del suo romanzo pittorico che si realizza la più creativa, personale, autentica ed innovativa ricerca: la scoperta della lucentezza sprigionata dalle vernici. Le vernici sono state e sono per Gianni Di Nucci un tuffo nell’intensità della luce; i bagliori sprigionati costituiscono, più che un tentativo, una nuova via verso esplorazioni innegabilmente quasi uniche nel panorama artistico contemporaneo. “Elaborare e rielaborare le vernici non è stato tanto esercizio- ha continuato a spiegare l’artista, quanto piuttosto pura espressione dell’esaltazione della materia” Di questo periodo è infatti, la sua personalissima rivisitazione di indimenticabili e struggenti capolavori della storia cinematografica. Per Gianni Di Nucci è stata questa l’occasione per esaltarsi in autentiche punte di lirismo compositivo, scrollarsi parte della sua storica vena surrealista, carpire sulla tela con lapidari, scarni ma inequivocabili indizi “l’attimo fuggente” dell’espressione cinematografica.