I rapporti tra Marco Tullio Cicerone e i suoi due confinanti : Gaio Arrio e Sebosio, sono narrati nelle lettere II 14, e ll 15, entrambe scritte da Formia e indirizzate ad Attico.
Nella prima lettera del 26 aprile del 59 a. C. così scrive Cicerone dalla sua villa del Formiano:
============================
” Che io mi metta a comporre qualche opera, come di frequente mi esorti, non è assolutamente possibile.
Ho una vera basilica e non semplicemente una villa, per quante sono le persone che qui a Formia vi si affollano.
Ma non faccio questione della moltitudine delle prime ore del mattino : dopo le dieci non vengo più molestato dalla ressa della gente. Si da’, però, il caso che Gaio Arrio, il mio immediato vicino di casa, il quale anzi, coabita ormai con me, vada dicendo addirittura che per il seguente motivo non si reca a Roma, per poter intavolare discussioni di filosofia qui con me, a giornate intere.
Ecco che dall’altro lato mi fa la posta Sebosio, l’amico di Catullo. Da quale parte devo volgermi? Per Ercole!………………
….. Sarebbe una bella occasione davvero se qualcuno volesse ora comperare da me la tenuta di Formia, nel frattempo che costoro mi attorniano senza posa! E come se nulla fosse, tu tiri fuori il nobile incitamento : Suvvia, mettiamo mano a qualche opera importante. ”
====
Nella seconda lettera del 28 aprile del 59, l’oratore scrive ancora :
====
” Proprio mentre butto giù queste righe, eccoti Sebosio! Non mi sono ancora rammaricato a pieno, che Arrio dice : Buon giorno
È questo significherebbe ritirarsi dalla vita dell’Urbe?”
=============================
È bellissima la battuta : Gaio Arrio….. coabita ormai con me !!!!!!
Ancora più bello il ” Buon giorno ” di Arrio mentre Cicerone veniva poco prima intrattenuto da Sebosio !!!!!!!
Si percepisce, chiaramente, che in queste due lettere ad Attico, Cicerone esagera simpaticamente, visto che nelle diverse centinaia di lettere successive non citera’ più questi suoi confinanti definiti fastidiosi.
Né, ha più pensato, in momenti successivi, di vendere la sua Villa di Formia. Neppure quando nel 57 , al ritorno dall’esilio, spese un gran numero di sesterzi per rimetterla in sesto, avendola ritrovata saccheggiata e distrutta, quasi certamente, dai compari di Clodio e di Cesare.
Pensare che tutti questi episodi descritti da Marco Tullio Cicerone si siano, con buona certezza , verificati sul litorale di Vindicio è, per noi di Formia, semplicemente m e r a v i g l i o s o.