Acquacoltura: Formia e Gaeta verso una delocalizzazione a due velocità – Siamo in dirittura di arrivo per quanto riguarda la delocalizzazione degli impianti di acquacoltura nel Golfo di Gaeta. La partita sembrerebbe – il condizionale è d’obbligo- chiusa con l’approvazione da parte della Giunta Regionale del Lazio della “Carta Vocazionale Acquacoltura delle zone di mare territoriale” dello scorso 17 luglio. L’approvazione di questo importante strumento, che va a mappare le aree dove da adesso in poi sarà consentito svolgere attività di acquacoltura in acque costiere ed interne del Lazio, si è ritenuto necessario con l’emendamento al comma 3 dell’articolo 15 della legge regionale 16/2020 “Disposizioni in materia di concessioni di zone di mare territoriale per l’esercizio dell’attività di acquacoltura”.
Acquacoltura: Formia e Gaeta verso una delocalizzazione a due velocità – Ed è proprio da questo comma che bisogna partire per analizzare quanto sta accadendo in queste settimane di attivismo politico sul tema. Il comma emendato recita, infatti, che “il rilascio delle concessioni di zone di mare territoriale per l’esercizio dell’attività di acquacoltura avviene in coerenza con la mappatura delle zone idonee e delle zone precluse all’esercizio di detta attività, così come individuate dall’apposita Carta regionale elaborata dalla Regione”. Data la propria competenza sul tema, i comuni sono chiamati a gestire le concessioni in via diretta e nel quadro legislativo di riferimento elaborato dalla Regione Lazio attraverso lo strumento normativo della carta vocazionale approvata su proposta dell’Ass. all’Agricoltura Enrica Onorati.
Acquacoltura: Formia e Gaeta verso una delocalizzazione a due velocità – Cosa prevede il piano regionale? Che le concessioni attualmente all’interno del Golfo siano delocalizzate al di fuori dell’area sensibile, lo specchio d’acqua che va per intenderci da Monte d’Argento a Punta stendardo. Un vincolo normativo, quello dell’area sensibile, che preclude l’attività di acquacoltura e al quale i comuni devono adeguarsi. Lo sta già facendo il Comune di Formia attuando in pieno la normativa regionale notificando ai concessionari il pagamento dell’indennizzo per occupazione abusiva dell’area marittima senza procedere a rinnovi e/o proroghe. Sul tema si è pronunciato anche il Comune di Gaeta, titolare anch’esso delle concessioni di acquacoltura e in particolar modo delle “vasche” dedicate all’allevamento di pesci. Con Delibera del Consiglio Comunale dello scorso 30 Novembre, infatti, l’amministrazione gaetana mette nero su bianco la volontà di non voler rilasciare nuove concessioni nello spazio di mare che va da Punta Stendardo fino al confine con il Comune di Itri – per intenderci quello dinanzi alle spiagge di Serapo, Ariana, Sant’Agostino – perché, seppur risultate idonee nella carta regionale, esse “possano costituire un elemento di forte disturbo del paesaggio e della connessa fruibilità turistica dello stesso, con pesanti ripercussioni anche sull’economia locale.” Discorso diverso per quelle già presenti nel Golfo per cui il Comune di Gaeta chiede alla regione Lazio “un piano a tutela delle imprese esistenti, finalizzato alla costruzione di un corretto iter di delocalizzazione di impianti di acquacoltura attualmente insistenti nell’area sensibile individuata nella delibera di Giunta Regionale n. 116 del 19/02/2010, nel rispetto della salvaguardia occupazionale e della qualità ambientale.”
In un comunicato diffuso dal suo ufficio stampa leggiamo che l’obiettivo del Sindaco Leccese è quello di “richiedere alla Regione Lazio un piano finalizzato alla costruzione di un corretto iter di delocalizzazione di impianti di acquacoltura, mantenendo uno sguardo attento anche e soprattutto alla tutela ambientale e del nostro mare, il nostro oro blu, che rimane un punto focale della nostra attività amministrativa.”. In seno al Consiglio Comunale di Gaeta inoltre si costituirà una commissione speciale sul tema in cui i consiglieri comunali, le associazioni di categoria e gli operatori potranno avanzare proposte e progetti da sottoporre in un secondo momento alla Regione Lazio.
La mossa del Comune di Gaeta ha già fatto discutere la politica locale. La Consigliera regionale Pernarella taglia corto: “La biodiversità marina presente nel Golfo di Gaeta è un patrimonio di grande valore, per questo è necessario procedere al più presto con la delocalizzazione degli impianti di acquacoltura, collocandoli lontano dalla costa. Mi lascia perplessa che il Comune di Gaeta non sia ancora intervenuto sulla questione come invece fece a suo tempo Formia e che, come accaduto nella seduta odierna del consiglio comunale, continui a mettere in discussione questo tipo di provvedimenti, perdendo tempo prezioso e, soprattutto, andando in contrasto con quanto stabilito dalla Regione Lazio. Dopo 12 anni di attesa non c’è più spazio per i tavoli tecnici e le discussioni, è arrivato il momento di portare delle soluzioni concrete e delle risposte ai territori, al fine di tutelare il nostro mare e le specie marine che lo abitano.”
Il risultato finale del passaggio di competenze dalla Regione ai comuni e la recente delibera di individuazione delle AZA sta diventando nei fatti una delocalizzazione a due velocità. Sull’acquacoltura come sul porto commerciale e sull’antropizzazione, Gaeta e Formia continuano ad avere una differente visione sul futuro prossimo dell’area sensibile. Saranno mesi cruciali complice la prossima campagna elettorale per la Regione Lazio in cui l’acquacoltura sarà uno dei temi principali in riva al Golfo.