Questa mattina, 2500 ricci di mare sono stati rigettati, ancora vivi, nelle acque del Golfo dai militari della Guardia Costiera di Formia e dal personale della Polizia Stradale di Cassino, che aveva proceduto al sequestro nel corso della notte.
Tre pescatori, infatti, sono stati fermati, poco prima dell’alba, da una pattuglia della Polizia Stradale di Cassino che ha rinvenuto, all’interno del veicolo furgonato, circa 2500 esemplari di echinodermi comunemente conosciuti come “ricci di mare”.
I pescatori sportivi, B.A. di anni 40, Z.D. di anni 47 e A.D. di anni 43, tutti originari della Puglia, erano in viaggio di rientro, dopo aver dedicato la notte alla raccolta illegale dei ricci di mare lungo il litorale di Civitavecchia.
Il prodotto, contenuto all’interno di alcune ceste di plastica, presumibilmente era destinato a ristoratori e consumatori della provincia barese, dove tradizionalmente, vi è un’alta richiesta del prelibato prodotto.
Dopo il sequestro, è stata contestata una sanzione amministrativa di 1000 Euro per aver raccolto una quantità superiore a quella consentita dalla normativa, che fissa il limite massimo in cinquanta esemplari. Una ulteriore sanzione amministrativa di 1000 euro è stata fatta ai tre pescatori per aver effettuato il trasporto di prodotto ittico su veicolo non idoneo, privo di un sistema di refrigerazione, in totale assenza dei previsti requisiti igienico sanitari.
Il risultato ottenuto è frutto della consolidata sinergica collaborazione instaurata tra la Polizia Stradale di Cassino e la Guardia Costiera che ha permesso nel tempo di sequestrare notevoli quantità di prodotto ittico pescato abusivamente e trasportato via terra.
Il sequestro effettuato testimonia la qualità delle acque del nostro litorale, così ricche dei pregiati esemplari per l’eccellente habitat marino. Proseguirà quindi l’azione di difesa delle coste e di contrasto alle attività illecite anche in considerazione che la commercializzazione del prodotto della pesca sportiva senza i dovuti controlli sanitari e privi della documentazione che ne attesta la provenienza crea, oltre che seri pericoli per la salute dei consumatori, anche un danno economico ai pescatori professionali che con sacrificio svolgono quotidianamente il loro lavoro.