Concetta Masiello con la pronipote Giada

I testimoni dell’ultima guerra stanno scomparendo uno dopo l’altro per evidenti motivi anagrafici. Uno degli ultimi sopravvissuti è la signora Concetta Masiello nata a Formia il 27 gennaio 1929, praticamente novantenne. Figlia di Salvatore Masiello e di Maddalena Capodiferro, ha undici anni quando l’Italia entra in una guerra dissennata e dal finale tragico. Ne ha sedici quando giunge la pace nella nostra penisola.

Quali sono i suoi ricordi della guerra a Formia? Racconta: “due giorni prima dell’armistizio dell’8 settembre 1943 Formia subisce un pesante bombardamento navale. Per fortuna molte bombe cadranno in mare. Io con la mia famiglia ogni volta riparavo dove oggi vi è la villa comunale, al di sotto vi erano i ricoveri. Poi riparammo come tanti nelle località collinari abbandonando il centro abitato. Ci recammo a Trivio dove restammo vivi per miracolo per un bombardamento navale questa volta più preciso da parte delle navi alleate. Cominciammo a subire la carenza alimentare.

All’inizio i maranolesi macellavano gli animali e vendevano la carne. Poi anche questa finì. Demmo fondo alle scorte di legumi e terminati anche questi passammo alle carrube. Mia sorella Angela Masiello a Trivio partorì aiutato dal medico Gionta ma il bambino appena nato non aveva alimentazione adeguata. Le mammelle erano secche, niente latte materno, niente latte di capra, il bambino morì per denutrizione tra le braccia della mamma, come addormentandosi attaccato a un capezzolo beffardo”.

Lei cosa ha patito? “Fame e sporcizia, e di conseguenza pidocchi e cimici. Quando anche il palazzo comunale di Maranola fu bombardato riparammo sulla Cima delle Donne sita al Monte Redentore, probabilmente era chiamata così perché tutte le donne – lontane dai loro uomini – si rifugiavano nelle caverne del sito. Io avevo due fratelli in guerra, uno Cosimo prigioniero che tornò dopo dieci anni e Vittorio combattente. L’occupazione tedesca iniziò lo stesso giorno dell’armistizio l’8 settembre 1943 e terminò il 18 maggio 1944, quando le prime pattuglie della 85ma Divisione della V Armata Americana entrarono in città.

Formia aveva subito oltre mille morti civili. Durante questi nove mesi i tedeschi alloggiarono nelle nostre case e dormivano nei nostri letti. Tornammo a casa e rilevammo che tutto era andato perduto a causa dei combattimenti e dei saccheggi. Dovemmo ricominciare da zero. Gli americani ci aiutarono donandoci scatolame, grazie al quale cominciammo a riprenderci, oltre alla ripresa della pesca. Mio padre stesso era un pescatore instancabile”. Da mamma come è stata la sua famiglia? “Quando mi sono sposata nel 1950 era in pieno svolgimento la ricostruzione della città formiana, avevo soltanto ventuno anni e mio marito Antonio Forcina ventisei.

Era un volenteroso bracciante agricolo che poi continuò a coltivare anche dei terreni che acquistammo a Ponte Ritto. È morto a soli 59 anni. Abbiamo avuto cinque figli a partire dall’anno successivo alle nozze: Carmina, Anna, Carmine, Claudio, Maria. Ho lavorato tanto, in casa ci eravamo divisi i compiti. Lui contadino ed io vendevo al mercato i prodotti della nostra terra. Prima partecipavo al mercatino di Santa Anna a Castellone, poi quando questo non fu più conveniente mi trasferii a quello più grande di Largo Paone. Dopo la morte di mio marito sono stato aiutato dalle mie figlie sino al matrimonio dell’ultima di loro”. E ora novantenne come è la sua vita? “Non mi lamento mai, chi ha provato peste, fame e guerra sa affrontare anche gli acciacchi dell’età avanzata.

Sono già caduta due volte, esco a fare la spesa solo la mattina, tranne che di sera debba andare dal medico. Mi affido totalmente al Signore e, anzi, con l’occasione faccio gli auguri a tutti i lettori del magazine Golfo e Dintorni”. Ci congediamo, spengo il mio cellulare e sono lieto di aver parlato con una donna così forte, che ha attraversato pressoché un secolo di storia. Auguri per il suo imminente compleanno signora Concetta 5 volte mamma, 13 volte nonna, 12 volte bisnonna, e non è finita…

 

Formia e l’occupazione tedesca

Da ricordare che erano trascorsi due mesi dall’armistizio dell’8 settembre 1943 quando i tedeschi cominciarono a minare i principali nodi di collegamento e i centri di telecomunicazione di Formia e dell’intero Golfo mentre gli alleati anglo-americani effettuavano i loro terrificanti bombardamenti dal mare. Per i tedeschi gli italiani tutti li avevano traditi e a Maranola il 17 ottobre 1943, a distanza di poche ore, vennero fucilati i primi due martiri: gli antifascisti Antonio Ricca e Aurelio Pampena. Ulteriore rappresaglia la mattina del 26 novembre 1943, più di cinquanta militari inquadrati nelle SS, agli ordini del tenente Kramer, dopo aver bloccato tutte le vie d’accesso e isolato i borghi collinari di Trivio, Maranola e Castellonorato fecero irruzione nelle case rastrellando tutti gli uomini, compresi i vecchi e gli invalidi. Alcuni tentarono di sottrarsi ma furono inseguiti, catturati e fucilati per disobbedienza alle leggi marziali in località Costarella.

Si trattava di Angelo Nocella di 34 anni, Luigi, Giovanni, Francesco e Ersilio Filosa rispettivamente di 30, 73, 38 e 18 anni, Antonio Guglielmo di 38 anni, Salvatore Marciano di 37 anni e Alfredo Lagni di 35 anni. I loro corpi furono lasciati a terra fino a tarda sera, malgrado le implorazioni dei familiari. Grazie a un massiccio rastrellamento, radunarono circa quattrocento uomini, nella piazza di Sant’Andrea e dinanzi al cimitero di Maranola, e controllati da camionette piene di soldati tedeschi, i nostri concittadini furono incolonnati alla volta di Formia. Il sindaco Paola Villa in occasione del 75° anniversario della liberazione di Formia ha dichiarato: “Una città che non dimentica è una città che ha ferme basi per costruire il proprio futuro”.