Pellegrini e missionari. Sono due parole che in questo libro non incontriamo molte volte, ma che troviamo poste in relazione nel capitolo dedicato a Santiago di Compostela. In relazione fra loro e in relazione con la parola “silenzio”, che esprime il concetto intorno al quale ruota e acquista significato l’intero lavoro firmato da Vincenzo Testa: un libro in cui si racconta il lungo pellegrinaggio spirituale che conduce a dare senso compiuto (e quindi anche missionario) alla vocazione del silenzio che condivide con la moglie Franca. Un silenzio condiviso, ma anche un libro condiviso, come emerge evidente nel corso della lettura. Porta la firma di Vincenzo, ma la moglie Franca agisce sulla scrittura come una sorta di ghost writer, non perché di nascosto scriva al posto del marito, ma perché in un attivo nascondimento lo affianca e lo accompagna nella stesura. E non poteva e non potrebbe essere altrimenti: questo libro racconta ciò che nella vita di Vincenzo e Franca ha fatto loro scoprire l’autentico significato di essere marito e moglie, la loro vocazione al matrimonio cristiano e quindi alla vita feconda nell’amore e nella preghiera.
Racconta ciò che nei fatti li ha portati alla loro originale scelta monastica come oblati camaldolesi e alla fondazione dell’eremo Aquila e Priscilla, alias Eremo di famiglia.Ma torniamo alle tre parole con le quali abbiamo introdotto il nostro ragionamento: pellegrini, missionari e silenzio. Vincenzo e Franca, sono pellegrini e missionari. Pellegrini perché in ricerca, missionari perché animati dal sacro fuoco della testimonianza; entrambe parole, ricerca e testimonianza, che si legano al silenzio, trovando in esso la capacità di realizzarsi e la loro stessa ragione di essere. Il lettore che voglia indagare questi aspetti essenziali della vita cristiana può effettivamente trovare in queste pagine risposta alle sue domande. Sembra strano, ma in tempi così rumorosi e fatui, pandemia permettendo, il silenzio va di moda, con i rischi e le contraddizioni che ne conseguono. Se ne parla spesso e se ne sono scritti tanti libri. Questo ha però una caratteristica che lo distingue dagli altri e, se così si può dire, ce lo rende prezioso nella sua semplicità: non è un libro sulla teoria o sulla teologia del silenzio, ma sulla scoperta pratica del silenzio. Perché per praticare il silenzio bisogna conoscerlo e per conoscerlo bisogna andare nei luoghi dove si vive e immergersi in essi.
Non si tratta certo di una novità, ma di una essenzialità: vivere il silenzio significa imparare il segreto della sua riproduzione e, come proprio della vita cristiana, della sua riproposizione nella testimonianza e nell’insegnamento. Pellegrini e missionari, quindi. Vincenzo e Franca lo sono singolarmente e, soprattutto, nel loro essere insieme. E’ qui, forse, la vera forza di questo piccolo libro: Vincenzo e Franca ci dicono, anche se può sembrare strano, che il silenzio è relazione. Anzi, per spingersi fino in fondo su questa strada solo all’apparenza provocatoria, ci dicono che l’obiettivo del silenzio, la sua ragione d’essere è nella relazione. Il silenzio serve a generare relazione; svela il mistero della comunione e la rende finalmente accessibile, riproducibile e riproponibile. Il silenzio è fecondità.Nel loro pellegrinaggio da Taizé a Bose, da Fatima a Compostela, da Assisi alla Terra Santa, Vincenzo e Franca hanno imparato (e noi con loro) il segreto della relazione che è fare silenzio in se stessi e di se stessi, per aprire i sensi e il cuore all’ascolto dell’altro, di tutto ciò che è “altro da sé”. Così, nella disposizione all’ascolto, ogni parola e, prima ancora, ogni gesto e ogni sguardo, diventano capaci di produrre relazione: “Io e Tu” si affidano al Mistero e lo realizzano in loro stessi facendo di due una cosa sola, pienezza dell’umanità.Questo è il segreto della mistica. Di quella che papa Francesco chiama la mistica del quotidiano. Il pregio di queste pagine è di mostrarci che si tratta di un cosa semplice, alla portata di tutti. Perché dalla relazione a scoprire che l’amore, il suo misterioso motore, è Dio stesso il passo può essere davvero breve. Mistici, quindi, prima di tutto in quanto sposi. Perché questo è il segreto del matrimonio cristiano, quello in cui lo Spirito Santo scende a sancire e a rafforzare l’amore, ogni volta che la relazione raggiunge la sua pienezza nel reciproco dono. E in questo il percorso del silenzio di Vincenzo e Franca trova il suo compimento. Loro stessi lo definiscono un percorso di vocazione successive cominciando da quella al matrimonio, passando poi per quella diaconale, quella eremitica e quella monastica. Un percorso in cui il silenzio, rendendo possibile ascolto e relazione, diventa una strada di comprensione del proprio essere “in due una cosa sola” nella fecondità: pellegrini e missionari.
Roberto Italo Zanini, è giornalista e lavora presso la redazione romana di Avvenire. Si occupa di cultura e spiritualità. Ha collaborato con la rivista Popoli e Missione, settimanali diocesani e quotidiani locali. Nei suoi libri, tradotti in numerose lingue, si è occupato di personaggi come Bakhita, Giovanni Battista Scalabrini, Natuzza Evolo, Annalena Tonelli (con M. Fagiolo Dattilia), Gina Tincani, Giovanni Semeria, Giustino Russolillo. Da “Bakhita. Inchiesta su una santa per il 2000” (San Paolo, 2001), Premio religione e spiritualità negli Stati Uniti, è stata tratta la fiction tv sulla Santa. Con padre Gabriele Amorth ha scritto “Più forti del male. Il demonio, riconoscerlo, vincerlo, evitarlo (San Paolo 2014). Con Paolo Rodari ha curato il libro di catechesi inedite di padre Amorth su Madjugorie “Un esercito contro il male” (Rizzoli, 2017). Nel 2018 ė ritornato sulla figura di Bakhita con “Il fascino di una donna libera” (Sa Paolo).
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