Per tutti coloro che amano senza se e senza ma l’Arma dei Carabinieri quanto è accaduto a Piacenza è stato un dolore grandissimo. Una ferita che non rimarginerà facilmente. Gli alamari sono sacri, sono simbolo di una totale dedizione allo Stato, “usi ubbider tacendo e tacendo morir”. I Carabinieri in congedo per anzianità ricordano i moduli che dovettero compilare a loro tempo con descritte sette generazioni di familiari e parenti per essere degni di indossare la divisa dell’Arma per eccellenza. Io stesso dovetti compilarla quando mio figlio diciasettenne decise di arruolarsi, agevolazione concessa ai soli minorenni residenti nella Regione Lazio. Ora non più. Ebbene per lui sono già 28 anni di servizio, indossando la divisa più bella e gloriosa al mondo. Ed io non nascondo che ogni volta che lo vedo in divisa ancora oggi mi emoziono. Non per nulla Scauri ospita l’unico Monumento al Carabiniere della Provincia di Latina ed io sono orgoglioso di esserne stato l’ideatore e il fautore.

Giovanni Nistri, Comandante Generale

Presidente del Comitato fu il Generale di Corpo d’Armata dell’Arma (ris.) Aldo Lisetti che dichiara – dinanzi ai fatti di Piacenza – di condividere in toto quanto dichiarato dal Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri.

Aldo Lisetti

Dalla stampa nazionale apprendiamo: “L’annuncio del terremoto è arrivato con la telefonata della Procuratrice di Piacenza Grazia Pradella al Comandante Generale Giovanni Nistri: «Stiamo per procedere al sequestro della Stazione Piacenza Levante». Dal quel momento le fondamenta dell’Arma hanno cominciato a tremare, perché un’iniziativa giudiziaria così clamorosa non s’era mai vista, per di più accompagnata dall’arresto di sei carabinieri e altri quattro sottoposti a misure di prevenzione. Un terremoto che, oltre ai danni, ha scatenato un’amarezza difficile da paragonare ad altri momenti critici già vissuti. Un «colpo al cuore», confessa il comandante provinciale Massimo Savo. «Incommensurabile discredito», recita il comunicato istituzionale. «Episodi gravissimi e indegni di chi indossa questa divisa», le parole scelte dal Comandante Generale Nistri. Perché i sigilli a una caserma rappresentano la ferita più grave che si possa infliggere all’immagine dell’Arma; un fiore all’occhiello strappato, un presidio di legalità tramutato in onta, un simbolo di prossimità e fiducia improvvisamente violato.

A sinistra il Ministro Guerini

Il comandante ha subito chiamato il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, chiarendogli che l’Arma era a completa disposizione dell’autorità giudiziaria e avrebbe agito a sua volta con il massimo rigore. Per reagire al fendente subito e non mettere a repentaglio il buon nome dell’istituzione e il lavoro degli oltre centomila carabinieri traditi dai colleghi inquisiti. «Sono loro il volto della legalità, e a ciascuno di loro esprimo la più profonda riconoscenza e vicinanza», commenta Guerini, in aggiunta a parole molto dure: «Si tratta di accuse gravissime rispetto a episodi inauditi e inqualificabili. Il generale Nistri mi ha confermato di avere immediatamente assunto tutti i provvedimenti consentiti dalle norme vigenti nei confronti del personale coinvolto». La sospensione degli arrestati era obbligatoria, quella degli inquisiti a piede libero no, ma è stata decisa ugualmente. Tuttavia il ministro ha chiesto altro al comandante: fare chiarezza sulla catena di comando, per capire come sia stato possibile che in tre anni nessuno sia accorto della malapianta «in stile Gomorra» che stava crescendo in quella stazione. Il maresciallo che la guidava è agli arresti domiciliari, il maggiore comandante della compagnia è sottoposto all’obbligo di dimora; resta da accertare, al di là delle responsabilità penali, perché sopra di loro, nella scala gerarchica, non siano scattati campanelli d’allarme. Come sia stato possibile che un appuntato abitasse in una villa con piscina e avesse distribuito soldi su vari conti correnti senza destare sospetti”.

Edmondo Cirielli

Con queste premesse pubblico le dichiarazioni dei parlamentari Raffaele Trano di Gaeta e di Edmondo Cirielli di Nocera Inferiore che è stato Colonnello dell’Arma dei Carabinieri, prima in aspettativa per mandato parlamentare, ora in congedo. Due osservazioni doverose: le sentenze si emettono soltanto nei Tribunali e la colpevolezza o meno di ogni imputato viene determinata al termine dei tre gradi di giudizio. E ancora se alla fine di questa brutta storia fossero giudicati colpevoli meritano che nel cortile d’armi del comando provinciale sia loro strappate gli alamari dalle divise e queste ultime bruciate perché non resti ricordo alcuno di quanto hanno infangato. Ed ora la parola ai due parlamentari. Il presidente della Commissione Finanze della Camera dei Deputati Raffaele Trano dichiara da parte sua: “Quanto è emerso dall’inchiesta della Procura di Piacenza è di una gravità inaudita. Ben dieci carabinieri sono stati arrestati e la stessa caserma dell’Arma è stata posta sotto sequestro. Un’indagine su traffici di droga, estorsioni, arresti illegali e persino torture. Con uomini dello Stato che si sono macchiati degli illeciti più gravi nel periodo più difficile per il Paese, quello del lockdown. Non ci può essere tolleranza per chi compie azioni del genere e macchia il lavoro encomiabile che quotidianamente, tra mille difficoltà, svolge la grandissima parte degli uomini e delle donne che in Italia indossano una divisa. L’inchiesta dimostra che per chi delinque non ci sono zone franche e auspico che i fatti di Piacenza siano un monito anche per quanti in provincia di Latina, partendo proprio dal lockdown, stanno cercando di approfittare dei mille problemi in cui sono piombate famiglie e imprese per fare affari sporchi, inghiottendo porzioni pregiate dell’economia locale. Uno dei carabinieri coinvolti nell’inchiesta, intercettato diceva: “A noi non arriveranno mai”. A chi tradisce lo Stato voglio dire invece che prima o poi qualcuno arriva sempre. A Piacenza come nel territorio pontino”.

Raffaele Trano

Da parte sua il Questore della Camera dei Deputati Edmondo Cirielli (Fratelli d’Italia) sempre in relazione all’inchiesta che vede coinvolti alcuni carabinieri in servizio in una caserma del capoluogo emiliano-romagnolo: “Presenterò un’interrogazione urgente al Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede per chiedere l’invio degli ispettori alla Procura della Repubblica di Piacenza. Le responsabilità sono personali e quindi se singoli militari hanno sbagliato è giusto che vadano in galera. Ma il sequestro di una caserma, oltre ad essere un fatto stravagante e senza precedenti, rappresenta una lesione degli interessi dello Stato. Siamo di fronte, infatti, ad una evidente intromissione nelle funzioni del Governo che, inevitabilmente, avrà ripercussioni anche sugli abitanti di Piacenza, in quanto saranno privati di un importante presidio di sicurezza, per eventuali colpe di taluni carabinieri e non certamente della Istituzione che essi rappresentano e di cui dobbiamo essere orgogliosi. È come se di fronte ad un reato commesso da un Pubblico Ministero (cosa che capita non raramente) venisse sequestrata la Procura dove egli presta servizio. Dunque, alla luce dei reati contestati dai magistrati piacentini l’Arma avrebbe potuto sospendere e trasferire ad horas i militari ritenuti colpevoli. Questa spettacolarizzazione degli atti giudiziari, anche a rischio di interrompere una pubblica funzione, va interrotta immediatamente. Per questo chiederò al Ministro Bonafede di tutelare in fino in fondo le Istituzioni e, in questo caso, l’immagine dell’Arma dei Carabinieri che non può essere infangata per presunte colpe di pochi”.