Quello che aveva iniziato il movimento futurista, creare un connubio tra arte e pubblicità, lo realizza in pienezza l’Art Déco, nata cento anni fa dal successo dell’Exposition Internationale des arts décoratifs et industriels modernes di Parigi. Da quella esposizione sorgeranno idee che abbatteranno in modo irreversibile la barriera tradizionale che separava l’arte pura dall’arte applicata. In ciò gli italiani furono maestri, basti pensare a Gio Ponti, legato alla produzione di eccelsa qualità della Richard Ginori, e Galileo Chini, con le sue fantasie liberty e orientali.
Art Déco è il fascino di un’epoca fatta di quadri, sculture, mobili, affiches, abbigliamento e ceramica. Proprio nella ceramica gli italiani raggiunsero vette ineguagliabili, con fiori e forme curve. Per certi versi il Déco continua il Liberty, ne è l’erede. E Galileo Chini, col suo linguaggio ricco e moderno, è forse la massima espressione artistica di quel periodo. Sia il Liberty che il Déco sono, oltre a degli stili, anche dei gusti. Esprimono entrambi, il Liberty già nei primi del ‘900, dei veri e propri gusti che spaziano dall’abbigliamento all’arredo, dalle decorazioni ai cartelloni pubblicitari. L’Art Déco rappresenta la cultura aggressiva della borghesia europea arricchitasi con la Prima Guerra Mondiale e si identifica con una certa voglia di modernità e novità. Si cerca l’estro e l’inventiva negli oggetti d’arredo, nei tessuti, negli accessori per signora, nell’oreficeria. Incantevoli i mosaici che troviamo ancora oggi nei lussuosi hotel costruiti nei primi anni del Novecento e persino in alcune stazioni ferroviarie.
L’Art Déco va in declino negli anni Trenta. Prima la crisi economica del ’29 e poi i nuovi dettami artistici del razionalismo porranno in decadenza questa tendenza artistica molto creativa e decorativa.
Fino al 29 giugno 2025 si potranno ammirare le bellezze del Déco in una mostra a Milano, Palazzo Reale.