Nel 2015 è stato istituito il Registro Tumori della Regione Lazio – RTL con Legge Regionale 7 del 12 giugno 2015. Il RTL raccoglie i casi di tumore della popolazione adulta e infantile residente nelle cinque province del Lazio e copre una popolazione di 5.792.384 residenti, di cui il 48,5% residenti a Roma, con un numero medio di casi incidenti di tumore per anno pari a circa 37.000 persone, circa 19.000 casi negli uomini e 18.000 casi nelle donne. Il regolamento del RTL è stato approvato dalla Giunta Regionale il 21 novembre 2017, dopo il parere favorevole del Garante del 30 Marzo dello stesso anno.

Il RTL è coordinato dal Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale – DEP Lazio ed è organizzato in sei unità funzionali. Il 16 novembre 2017 nell’ambito del workshop “Registro Tumori del Lazio: stato dell’arte e prospettive”, presso la Regione Lazio sono state presentate le prime stime di incidenza di tumori nella regione relative al periodo 2010 – 2015, stime di incidenza e tassi di mortalità per patologia tumorali. Sono in fase di elaborazione le stime di incidenza relative al biennio 2016 – 2017.

Dal 2016, in collaborazione con AIRTUM, è stato attivato un programma di formazione continua per gli operatori del RTL a cui partecipano attualmente 22 operatori. Il programma è finalizzato alla formazione sulla codifica dei casi al fine di garantirne la qualità, l’uniformità sul territorio regionale e gli aggiornamenti previsti da AIRTUM. Oltre ai corsi sono organizzati incontri mensili che si svolgono presso il DEP. Il Registro Tumori Lazio, come previsto dalla legge, si avvale di un Comitato Tecnico Scientifico che si riunisce a cadenza fissa. L’ASL di Latina – Dipartimento di Prevenzione ha curato la pubblicazione del rapporto 2018 “I Tumori in provincia di Latina” I primi cinque tumori più frequentemente diagnosticati per genere e proporzione sul totale dei tumori sono per i maschi: polmone, prostata, colon e retto, vescica e stomaco.

Per le donne mammella, colon e retto, tiroide, polmone e utero. Dal 2009 al 2013 i decessi causati da tumore sono stati 4.020 tra gli uomini e 2.876 fra le donne. La frequenza dei decessi causati dai tumori nella provincia di Latina è ogni anno, in media, di circa 3 decessi ogni mille uomini e di circa 2 decessi ogni mille donne. Pertanto si può affermare che mediamente ogni giorno circa 4 persone muoiono a causa di un tumore in provincia di Latina. Da evidenziare che i tumori sono una malattia che caratterizza soprattutto il paziente anziano. Importante sempre la diagnosi precoce e la terapia. Nella prevalenza dei fumatori purtroppo spiccano per dati peggiori del valore nazionale le seguenti regioni: Lazio, Campania, Umbria, Sicilia ed Emilia Romagna. Per i tumori infantili si ricorre in prevalenza presso le strutture dell’Ospedale Bambin Gesù e Policlinico Gemelli.

 

PERICOLI TOSSICI E TUMORALI DALL’INQUINAMENTO MARINO

Conoscere i pericoli per una corretta prevenzione

L’immagine simbolo dell’inquinamento marino

La presenza di sostanze tossiche può avere diverse origini: contaminazioni ambientali, in particolare da mercurio; attività microbica; produzione endogena di biotossine (pesci velenosi). Contaminazione da mercurio, un metallo che si presenta allo stato liquido a temperatura ambiente, in tale stato non è tossico, lo sono i vapori se inalati, i sali inorganici solubili e i derivati organici. Questi ultimi sono quelli che destano maggior preoccupazione, in particolare il metilmercurio, che può essere prodotto dalle lavorazioni industriali o dalla flora batterica a partire da mercurio metallico. Il problema del mercurio come inquinante scoppiò negli anni ’50 in Giappone, nella Baia di Minamata, dove una grande fetta della popolazione si ammalò di una grave malattia a carico del sistema nervoso a causa dell’ingestione prolungata di pesce contaminato da mercurio, scaricato da una fabbrica che operava nelle vicinanze della baia. Fenomeni simili sono avvenuti anche in altre parti del mondo. Il mercurio presente nell’acqua viene ingerito dal plancton e risale via via la catena alimentare diventando sempre più concentrato. I pesci che sono al vertice della piramide alimentare arrivano ad avere una concentrazione da 3000 a 27000 volte maggiore di quella dell’acqua nella quale vivono. Nell’uomo avviene un’ulteriore concentrazione e quando il mercurio nel cervello supera certi valori, sopraggiungono i problemi neurologici. È il cosiddetto fenomeno del bioaccumulo. Il mercurio che ingeriamo proviene in massima parte dal pesce, soprattutto dai predatori di grossa taglia come il tonno, il pesce spada, il palombo, l’anguilla, il luccio, ecc.

Solitamente i pesci più contaminati contengono una quantità di mercurio pari a 0.1 – 0.3 ppm (parti per milione), ma quelli che vivono in acque molto contaminate (per esempio quelle del fiume Reno in Germania) possono arrivare a 2 ppm. Dal momento che il problema riguarda il fenomeno dell’accumulo, esso dipende dalla quantità ingerita e dal tasso di inquinamento. Il problema esiste solo per coloro che vivono in zone costiere inquinate e si cibano regolarmente di pesce proveniente dal mercato ittico locale. Per il resto della popolazione, se consideriamo che: il consumo di pesce andrebbe rivolto soprattutto verso quelle specie contenenti grassi essenziali, come salmone, sgombro, aringhe, sardine, che non sono ai vertici della catena alimentare; difficilmente il pesce acquistato proviene sempre dalle stesse zone, e difficilmente hanno livelli di inquinamento elevati. Il tonno in scatola, per esempio, proviene soprattutto dagli oceani che presentano un tasso di inquinamento minore rispetto al Mediterraneo; si può concludere che una normale dieta equilibrata, che tenga conto delle esigenze dell’organismo e che preveda, quindi, un’assunzione adeguata di acidi grassi essenziali, non presenta alcun rischio nei confronti della intossicazione da mercurio.

A scopo cautelativo, è bene non esagerare nella somministrazione dei pesci a rischio ai bambini, alle donne in gravidanza e alle persone anziane. Tossine prodotte da germi o da processi degenerativi. Le sostanze tossiche prodotte da microorganismi sono diverse, molte di queste vengono distrutte con la cottura. In generale basta evitare le situazioni a rischio come l’ingestione di pesce crudo di provenienza non sicura (ricordiamo a tal proposito i casi di colera che frequentemente vengono riscontrati a seguito dell’ingestione di mitili crudi), per scongiurare intossicazioni. Sostanze tossiche di natura endogena: alcuni pesci commestibili sono velenosi se non trattati opportunamente. Tra quelli che vivono nelle nostre acque, solo la murena e l’anguilla contengono una tossina, che però viene inattivata con la cottura.

Tra i pesci esotici, invece, esistono molte varietà velenose: il pesce palla, una vera prelibatezza per i Giapponesi, se non è preparato adeguatamente può risultare fatale per il consumatore. Nel ’77, in Italia, ci furono diversi casi di intossicazioni a causa di alcune code di pesce palla erroneamente inserite all’interno di una partita di rane pescatrici decapitate (code di rospo). I primi risultati del progetto hanno consentito di monitorare anche gli spostamenti degli oggetti di plastica da un mare all’altro, favoriti probabilmente dalle correnti marine. Ad esempio, nello stomaco di una tartaruga spiaggiata a Marina di Camerota il 14 febbraio 2019 insieme a cannucce, tappi, lenze e ami, è stata rinvenuta un’etichetta proveniente dall’Algeria. Il mare dunque ingoia tutto, per poi restituire quanto non riesce a degradare anche a centinaia di chilometri di distanza.  Le tartarughe marine, esposte alla spazzatura depositata in mare, rappresentano pertanto un’ottima cartina di tornasole. Agire per difendere il nostro mare e i relativi ecosistemi equivale a tutelare anche la nostra salute dal rischio di inquinanti provenienti dalle microplastiche che si accumulano nei tessuti dei pesci di cui ci nutriamo.